Pubblichiamo volentieri un pezzo scritto da un giovane produttore, che invita ad una riflessione sui prezzi e sui ricarichi dell’on-trade. “CASPITA” mi par di leggere negli occhi strabuzzati del vicino di tavolo al ristorante mentre armeggia con una carta dei vini, la causa sarà la rilegatura della lista? Le annate dei vini? Oppure è “carovino”? Forse è proprio lui! Iniziamo con un po’ di storia: negli anni 80, epoca post-metanolo inizia la risalita della cultura vinicola a livello produttivo, e cioè, Piemonte “Langa”, Toscana e nord-est Italia prima di altri investono in qualità a partire dal vigneto per arrivare poi con vini di importante levatura a convincere la stampa nel dedicare sempre più spazio all’enologia, quella buona, importante, edonistica. Precursori di tali investimenti sono stati inizialmente, come si definiscono le “grandi famiglie” della vitivinicoltura Italiana, immediatamente affiancati da contadini perspicaci e lungimiranti che mossi da orgoglio e voglia di emergere hanno sfruttato il momento, l’effetto scia. Da li, anni 90 spaziali, ricerca spasmodica di bottiglie pregiate, costi quel che costi, quindi vertiginoso aumento dei prezzi, dalla fonte alla mescita. Ricordo con quanto orgoglio i produttori parlavano dei loro vini in vendita nei migliori ristoranti ed enoteche a prezzi altissimi. Grande merito quindi ai produttori sopra citati, che, con grande professionalità, hanno portato valore aggiunto alla viticoltura e alla cultura del bicchiere. Non da meno le GUIDE dei vini; A.I.S. O.N.A.V; riviste specializzate e non, senza tralasciare corsi degustazione, in enoteche ristoranti, wine bar e altro; hanno contribuito pesantemente ad acculturare il consumatore, perfezionandolo e rendendolo perfettamente in grado di scorrere una carta dei vini con cognizione di causa. Fin qui tutto bene, il mercato tira e le bottiglie vengono regolarmente vendute, a prezzi talvolta esagerati, ma vengono vendute quindi “ chapeau!!!” E’ quel che succede ora che ha dell’inverosimile, I VINI di qualità segnano il passo rimanendo sugli scaffali di enoteche ristoranti ecc.. favorendo la vendita di vini a prezzi e qualità decisamente più bassi, e tutto ciò a causa dei costi. Quindi il consumatore con la sua cultura accumulata in questi ultimi anni può farsi gli “sciacqui”, solo bla bla bla… niente bicchiere, COSTA TROPPO. Proviamo a cercare le cause: sarà l’avvento Euro, vuoi per i successi ottenuti da tutte o quasi le cantine dedite a produrre tali vini , si è registrato un eccessivo aumento dei listini, primo problema. Le aziende produttrici, avranno sicuramente spese da sostenere, dalla produzione alla vendita, tutto sommato, in parecchi casi, i prezzi sono difficilmente giustificabili. Ma ora parliamo del secondo problema, ed è li che vorrei portare la maggior chiarezza, vorrei capire alcune cose fondamentali per il prosieguo della volontà a ben produrre di tutte le aziende dedite a tal progetto, si perché il rischio è il ritorno a vini meno ricercati impersonali di facile beva dai prezzi accessibili. Si salveranno alcuni marchi stranoti, ma altri meno blasonati saranno costretti a chiudere in un cassetto i loro sogni di qualità perché fuori mercato. Proviamo a sciogliere questo nodo spinoso che interessa l’anello ultimo della catena e cioè l’enotecario-ristoratore. Prima di iniziare questo pensiero vorrei escludere dallo stesso i vini di fascia bassissima e quelli super costosi e blasonati, gli eccessi. Mi sono sempre chiesto il perché del ricarico in percentuale, quale teorema ha portato i gestori ad applicare un ricarico (mediamente) del 100% sulle bottiglie; spiegatemi perché una bottiglia da 7€ viene proposta a 14€ circa, mentre quella da 15€ viene proposta a 30€. Quale ragionamento razionale accompagna questa sofisticata operazione matematica, perché la tal bottiglia deve rendere al gestore 7, e l’altra 15? Per non parlare poi di quella da 25€, 7-15-25; non capisco, non mi sono mai posto il problema finché le bottiglie venivano vendute, ora che segnano decisamente il passo pensiamoci! €7-15-25 inteso quale guadagno poco ha di razionale. A seconda del locale, del suo modo di lavorare ecc… ognuno dovrebbe pensare ad un ricarico-bottiglia da applicare nello stesso modo, che siano 5-7-9 o più euro, ma quelli per tutte, un esempio vale milioni di parole, il vino acquistato a 7€ con un ricarico di 7€ costerà 14€, quello da 14€ con lo stesso ricarico costerà 21€ anziché 28€, e questa bottiglia invece di annoiarsi impolverandosi sugli scaffali verrà acquistata più facilmente. Il ristoratore rinuncerà ad una fetta di guadagno………. o forse no!!!! il guadagno è una conseguenza del ricavo, che è una conseguenza della vendita, ma se la vendita non c’è o è limitatissima…. Non si potrebbe spalmare il guadagno sul vino in parti uguali (o quasi), su tutte le bottiglie? Così facendo andremo incontro al consumatore, che, con un piccolo sforzo in più appagherà le sue papille gustative, insieme con le ambizioni di ristoratore e produttore. E’ molto importante questo punto, mettere le bottiglie “di qualità” in condizione di essere acquistate, bevute o degustate qualsivoglia. Facciamo quindi un generale esame di coscienza (produttori ed esercenti), non limitiamo, la produzione dei vini di alta qualità, rendiamoli più appetibili; un colpo al cerchio, che i produttori facciano un piccolo sforzo sui listini, l’altro alla botte, gli esercenti ragionino su questo pensiero; la bottiglia di qualità venduta, da soddisfazione a tutta la filiera, il produttore vede stappata la bottiglia cui ha tanto dedicato; l’enotecario mesce e vende vini che appagano il suo ego (non si vive di solo pane); il ristoratore (lato importantissimo) vede accompagnati i suoi piatti con i vini giusti e non a “buon mercato” (se è vero come io ritengo lo sia, che il vino è a completamento del piatto), ultimo ma non ultimo il consumatore che consuma, apprezza, paga e “digerisce”.
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