Il chitosano è un polisaccaride lineare usato in enologia per il controllo microbiologico, la riduzione dell’uso dei solfiti, chelante dei metalli pesanti e come antiossidante e chiarificante di mosti e vini.
L’additivo alimentare viene comunemente prodotto per deacetilazione chimica della chitina estratta dall’esoscheletro di diversi tipi di crostacei quali il gambero. Questi possono causare severe reazioni di tipo allergico quali l’anafilassi e il chitosano prodotto a partire da questi crostacei potrebbe a sua volta causare fenomeni allergici a causa della presenza di residui proteici (quali la tropomiosina) che vengono rilasciati dopo l’ingestione del prodotto. Per questo motivo negli ultimi anni la produzione di chitosano da fermentazione fungina ha riscosso grande attenzione tanto da diventare l’unica tipologia permessa per l’uso enologico dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino.
I metodi ufficiali prescritti per confermare l’origine fungina del chitosano (tenore di glucani residui, viscosità in soluzione 1% e densità battuta) risultano impegnativi e richiedono tempi analitici lunghi (superiori a 3 ore per campione). Per questa ragione abbiamo ritenuto fosse necessario sviluppare un metodo analitico nuovo, veloce e maggiormente automatizzato basato sull’analisi dei rapporti degli isotopi stabili. In questo studio sono stati considerati 18 diversi campioni di chitosano di origine fungina o da esoscheletro di crostacei. L’origine è stata confermata tramite le analisi ufficiali prescritte dall’OIV.
I risultati dell’analisi isotopica dei rapporti di idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto hanno dimostrato come questo nuovo metodo sia in grado di identificare con certezza l’origine fungina del chitosano usato in enologia.
Lavoro finalista del Premio SIVE Ricerca per lo Sviluppo 2019 – Premio ASSOENOLOGI G. Versini e presentato alla 12ª edizione di Enoforum (Vicenza, 21-23 maggio 2019)
Abstract La tiamina (vitamina B1) è un nutriente vitale per la crescita e il metabolismo dei lieviti. I lieviti privilegiano l’assimilazione della tiamina dal mosto d’uva prima di iniziare a produrne di propria. I lieviti possono immagazzinare fino a 10 000 volte più tiamina di quella disponibile nel mosto d’uva. Questo processo di immagazzinamento conserva
“Instabilità” è un termine generico definito come la tendenza a cambiare, anche repentinamente. Questa definizione delinea una situazione di incertezza, che traslata nel settore enologico significa che il vino instabile può cambiare anche rapidamente nel tempo in funzione delle condizioni di conservazione, evolvendo generalmente in modo negativo. L’instabilità del vino riguarda molti dei suoi costituenti sia semplici
Pier Giorgio Bonicelli, Ginevra Canavera, Riccardo Collivasone, Silvia Pagani, Mario Gabrielli, Tommaso FrioniUniversità cattolica del Sacro Cuore, Piacenza Una delle sfide impellenti per la viticoltura italiana è quella di trovare nuove soluzioni per fronteggiare il cambiamento climatico. L’aumento delle temperature e la carenza di precipitazioni hanno infatti pesanti ripercussioni sulla produttività e qualità delle uve
Marzio Mannino (Resp. Tecnico e Qualità – Francy Oenology) Tommaso Perini Tutti gli enologi valutano il quadro acido del mosto in fermentazione e del vino finito commentando i livelli di acido acetico, malico e lattico principalmente, ma valutando molto poco anche i livelli di acido citrico, succinico e altri acidi considerati minori. Normalmente impuntano una variazione
Vito Michele Paradiso1*, Massimo Tripaldi2, Maurizio Frati3, Ilaria Prezioso1 , Gabriele Fioschi1 , Giuseppe Gambacorta4 , Mirella Noviello4 1 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Laboratorio di Microbiologia agraria e Tecnologie alimentari, Università del Salento, Campus Ecotekne, 73100 Lecce (LE), Italia 2 Centro Servizi Enologici S.r.l., Via per Avetrana 57, 74024 Manduria Ta, Italia 3