Il fenomeno di invecchiamento precoce dei vini bianchi secchi consiste nella perdita irreversibile, dopo tre o quattro anni in bottiglia, della loro componente aromatica fruttata e della loro freschezza a favore delle caratteristiche ossidative.
È da diversi anni che l’Università della Borgogna approfondisce questo argomento. Nello chardonnay il fenomeno è ancora più difficile da comprendere per la diversità e la complessità delle matrici dei vini.
Fin dall’inizio, è stata approfondita la questione facendo appello alla metabolomica, scienza che studia l’insieme dei metaboliti, considerando ogni vino come una matrice sperimentale e mappando la diversità chimica delle matrici e la loro classificazione in base a questa diversità.
Sono stati individuati i vini “resistenti” a questo tipo di invecchiamento e lo studio dei loro profili molecolari ha portato all’identificazione di marcatori e alla creazione di 2 indici fisico-chimici per stimare la capacità antiossidante intrinseca di un vino.
La stabilità ossidativa di un vino è quindi legata alla presenza di un insieme di composti che possono essere definiti “metaboloma antiossidante del vino”. In base a queste valutazioni, lo studio della stabilità ossidativa attraverso l’analisi mirata di determinati composti antiossidanti come alcuni polifenoli o glutatione è quindi molto limitante. Molti altri composti dello zolfo e dell’azoto presenti nel vino, infatti, costituiscono il metaboloma antiossidante dei vini e sono responsabili della loro stabilità ossidativa.
Il controllo del metaboloma antiossidante dei vini bianchi a partire dalla vendemmia è fondamentale per anticipare il potenziale di invecchiamento. Vari lavori hanno permesso di studiare l’impatto delle pratiche enologiche sul metaboloma. Per esempio, l’aggiunta di solfiti ha un impatto variabile a seconda della matrice: Una matrice ricca di metaboloma non verrà modificata indipendentemente dalla dose di SO2 utilizzata. È quindi adatto a vinificazioni con pochi solfiti . L’uso dell’iperossigenazione, d’altra parte, esaurisce la matrice nel metaboloma e darà vini che richiedono un riaggiustamento di SO2 durante l’imbottigliamento. Per quanto riguarda l’aggiunta di glutatione (in fermentazione alcolica o imbottigliamento), migliora la stabilità ossidativa ma ha un impatto sulla percezione sensoriale, che dipende dall’annata. Sia l’affinamento sui lieviti che l’affinamento in barrique arricchiscono il metaboloma antiossidante del vino tramite l’autolisi dei lieviti o il potenziale tannico delle botti (ellagitannini) e garantiscono una migliore stabilità ossidativa dopo l’imbottigliamento. Infine, per quanto riguarda il packaging, l’interfaccia vetro/tappo condizionerà questa stabilità.
Lo studio del metaboloma antiossidante del vino bianco secco continua indirizzando la ricerca a monte per comprendere meglio la caratterizzazione della composizione chimica dell’uva. Secondo questo gruppo di ricerca è possibile che il metaboloma si definisca durante la maturazione dell’uva e che pertanto in un futuro si possa parlare di maturità della stabilità ossidativa
Fonte: Techniloire
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