Venerdì 15 e Sabato 16 Febbraio si è tenuto in Barcellona la seconda edizione del meeting dedicato al Cambiamento Climatico, organizzato dall’Accademia Spagnola del Vino presieduta da Pancho Campo. Oltre 350 partecipanti, provenienti da 36 paesi diversi, hanno assistito ai lavori, che comprendevano relazioni di carattere tecnico, testimonianze ed esempi da varie parti del mondo, e l’intervento esponenti della politica e della società civile tra cui l’ex-Vice-Presidente degli USA Al Gore, in videoconferenza dalla sua residenza di Nashville (Tennesee, USA). Sotto il profilo tecnico appare ormai certo che ci avviamo verso decenni futuri con clima significativamente diverso: la temperatura media salirà di qualche grado centigrado, sufficienti per modificare in modo sostanziale le condizioni di crescita della vite. Questo probabilmente modificherà la geografia enologica di molte regioni, a lungo termine, estendendo ad areali diversi certe varietà e stravolgendo le identità vitigno – territorio – stile di vino che ci hanno accompagnato per decenni. Due i fenomeni che appaiono toccare in modo più specifico la viticoltura. Primo tra tutti la maggiore variabilità: in molte regioni – anche in quelle non troppo soggette a modifiche delle temperature, oppure che da esse possono avere effetti piuttosto positivi, come nelle regioni del nord Europa – si assisterà ad un aumento dell’intensità delle precipitazioni ed ad una loro diversa distribuzione nell’arco dell’anno. Come già sottolineato in questa rivista in altre occasioni, questo è probabilmente l’emergenza da affrontare a più breve termine, pericolosa soprattutto per i piccoli viticoltori fortemente legati alla tradizione. Secondo, l’effetto esponenziale dell’incremento della temperatura: dal momento che l’incremento della temperatura media annua è prevista essere dovuta soprattutto all’aumento delle temperature invernali e primaverili, si prevede un anticipo generalizzato della fase vegetativa della vite, con conseguente anticipo della maturazione e della vendemmia nei mesi più caldi dell’anno (che saranno ancora più caldi per effetto del riscaldamento globale). Se quindi la temperatura media annua è destinata ad aumentare di pochi gradi, la temperatura del periodo di vendemmia sarà molto maggiore, di 10°C o più, con immaginabili conseguenze sulle tecnologie e le pratiche attuali di vigneto e di cantina. Sicuramente sono disponibili ed adottabili – non ovunque, tuttavia – una serie di misure. Per citarne solo alcune: irrigazione del vigneto, raccolta anticipata, modifica delle varietà, uso di cloni e portinnesti più adattati alle nuove condizioni, refrigerazione delle uve e del mosto, riduzione del grado alcolico nel vino ecc. Altre tecnologie e mezzi tecnici saranno sicuramente disponibili in breve tempo. Tuttavia, la vera strada maestra da seguire non è quella di tamponare i cambiamenti con nuove tecniche, quanto piuttosto di eliminare o mitigare le cause prime. Il cambiamento climatico è causato dall’attività umana. Il mondo vitivinicolo – che forse più di altri settori, meno vincolati alla natura, è toccato nel profondo dal fenomeno – deve quindi dare il suo contributo facendo pressione sui politici affinché si crei un quadro normativo in grado di ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera. Proprio dal convegno di Barcellona viene un segnale poco incoraggiante in questo senso: se era molto importante la presenza di giornalisti, commerciali, ricercatori da ogni parte del mondo, è risultata evidentemente scarsa la partecipazione di tecnici e di spagnoli (questi ultimi solo il 5% delle presenze). Quindi il mondo produttivo è ancora poco sensibilizzato. Sono tuttavia citabili alcuni esempi interessanti, che vedono protagoniste aziende che, prima di altre, hanno compreso non solo che potevano fare qualcosa per il pianeta, ma anche (e soprattutto) per la propria immagine e le proprie vendite, facendo leva sulla crescente fetta di consumatori di vino sensibili alle problematiche ambientali. La spagnola Torres e l’australiana Banrock Station (gruppo Constellation) hanno attivato programmi di adeguamento della propria produzione ai concetti di sostenibilità ambientale e riduzione del proprio bilancio carbonio. Strada che sempre più aziende stanno seguendo. Per ora solo quelle con management più sensibile e/o che vogliono per prime legare il proprio marchio al messaggio. Ma ben presto molte altre saranno costrette a fare i conti con questa nuova tendenza dal mercato. Il settore vitivinicolo è responsabile della produzione dello 0,1% di tutta la CO2 emessa nell’atmosfera nel mondo. Molto poco in termini assoluti. Forse moltissimo se si considera anche l’uso di risorse idriche e che il vino non è certo un bene essenziale per i molti che non lo bevono o che non vivono di esso. Una buona notizia: le aziende che hanno intrapreso la strada della compatibilità ambientale hanno scoperto che – a differenza di altre strategie – questa non rappresenta necessariamente un costo. Anzi, può rappresentare un risparmio considerevole di risorse o aprire la strada a nuove attività a carattere turistico.