Recenti ricerche evidenziano il valore dell’inerbimento per la salute del suolo: la chiave è scegliere le specie vegetali giuste per il vigneto in questione ed avere una visione a lungo termine di ciò che si vuole ottenere.
Fino ad ora, la pratica comune è stata quella di mantenere il sottofila libero da infestanti che potrebbero assorbire l’acqua sottraendola alla vite. L’uso di erbicidi ad ampio spettro permettono di realizzarlo in modo facile e relativamente economico.
Ma secondo Chris Penfold, responsabile del progetto di studio su questa tematica in corso all’Università di Adelaide, ci sono aspetti negativi derivanti dalla rimozione a lungo termine delle piante nella sottofila. “La piú ovvia è la resistenza agli erbicidi: i viticoltori spesso devono cambiare gruppo di erbicidi per ottenere lo stesso effetto nel tempo, ma ci sono anche problemi legati all’infiltrazione di acqua nel terreno. Il problema più grosso in realtà non è tanto legato alle sostanze chimiche in quanto tali, bensì la rimozione della vegetazione mediante l’uso di sostanze chimiche.
La copertura vegetale è necessaria per avere un sistema radicale necessario per il funzionamento della biologia del suolo, a sua volta fondamentale per garantire una struttura al suolo e per consentire l’infiltrazione ed il rilascio di nutrienti. Il suolo è un’entità vivente e quando si procede alla rimozione della vegetazione si riducono i livelli di carbonio organico che determina la biologia del suolo.
L’inerbimento sotto le viti è stata sempre un’alternativa, ma fino a poco tempo fa suscitava qualche preoccupazione, supportata anche dai risultati di alcuni studi su vigneti biologici, che ipotizzavano una possibile diminuzione significativa della resa.
Comunque l’argomento nel suo complesso non è così semplice. Ad esempio, recenti studi hanno evidenziato sia l’importanza della vegetazione sottofila nel migliorare i suoli di scarsa qualità sia l’impatto negativo dell’uso prolungato di erbicidi sui livelli di carbonio organico.
Sulla base di tutte queste informazioni, il team di ricerca australiano ha testato diverse opzioni colturali nell’arco di tre anni in una parcella con viti di 13 anni della varietà Shiraz presso il South Australian Research & Development Institute’s Nuriootpa Research centre, nella Barossa Valley. Il progetto ha previsto l’uso della tecnologie di sequenziamento di prossima generazione per accertare la relazione tra i microbiomi del suolo e delle radici e quelli nell’uva.
Nonostante la grande diversità di stagioni di crescita verificatasi nei tre anni di sperimentazione, i risultati sono stati consistenti e positivi. Se vengono selezionate adeguatamente le singole specie, vi è un impatto negativo trascurabile sul rendimento nei terreni buoni ed un impatto positivo sui terreni poveri. Nella parcella in studio, l’uso di colture sottofila ha portato ad un incremento della resa ad ettaro di 5000 $ a fronte di un costo di meno di 300 $ .
Medica e loglio si sono dimostrate le specie vegetali più pregiate in termini di contributo alla salute del suolo e alla resa della vite.
Fonte: Wine Australia
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