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Il microbioma di bacca e corteccia in Vitis vinifera: bio-geografia ed effetto delle pratiche agronomiche

T. Nardi, CREA; G. E. Felis et al, Università degli Studi di Verona

Il microbioma di bacca e corteccia in Vitis vinifera: bio-geografia ed effetto delle pratiche agronomiche

Tiziana Nardi1, Giovanna E. Felis2, Giacomo Zapparoli2, Nicola Vitulo2

1 CREA - Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia, Conegliano (TV), Italy

2 Dipartimento di Biotecnologie, Università degli Studi di Verona, Verona, Italy

 

Abstract

Negli ultimi anni, il concetto di "terroir microbiologico" è stato introdotto nel quadro della più nota nozione di "terroir vitivinicolo", poiché diversi studi hanno dimostrato che le caratteristiche del vino sono legate anche alle composizioni delle comunità microbiche locali. La maggior parte delle ricerche esistenti si è concentrata sul microbiota dell’uva. In questo lavoro abbiamo studiato, per la prima volta, attraverso il sequenziamento di nuova generazione, la comunità batterica epifita della corteccia di vite e le sue relazioni con il microbiota dell'uva.

Lo studio ha valutato le popolazioni di batteri associati a vigneti provenienti da due aree viticole d’Italia (DOC Monferrato in Piemonte e DOCG Chianti in Toscana), in ciascuna delle quali sono state impiegate diverse tecniche di gestione agronomica: convenzionale e biodinamica. Oltre ai grappoli d'uva, substrato primario della vinificazione, ma che non rappresentano un habitat stabile durante le stagioni per i microrganismi, sono stati raccolti in ciascun vigneto anche campioni di una parte perenne della vite, la corteccia, in particolare il ritidoma prossimo al colletto radicale. I microrganismi associati alla corteccia sono stati monitorati durante la stagione di maturazione (all'invaiatura e al momento della vendemmia), ed i risultati sono stati integrati con quelli ottenuti sui microrganismi associati all'uva (campionati poco prima della vendemmia). Campioni di corteccia e uva sono stati raccolti in 3 punti spaziali per ciascun vigneto e processati separatamente (estrazione del DNA microbico e analisi Next Generation Sequencing). La biodiversità osservata sui campioni di uva è risultata molto inferiore a quella della corteccia, con una differenza significativa per gli indici di Simpson e Shannon, coerentemente con quanto visto in studi precedenti che hanno dimostrato che il suolo e la corteccia ospitano una maggiore diversità e ricchezza di specie rispetto ad uva e foglie. Mediante un’analisi statistica multivariata (PERMANOVA) nella corteccia è risultato come significativo l’effetto della regione di origine e, in secondo luogo, del metodo colturale e periodo di campionamento, mentre per il microbiota dell’uva è risultato significativo il metodo colturale, ma non la regione di origine.

Benché questo non sia un quadro completo della situazione, poiché i batteri rappresentano solo una parte della biodiversità microbica, i risultati indicano come l’approccio metagenomico sia stato efficace per lo studio dell’influenza della biogeografia e della gestione agronomica dei vigneti sul microbiota nelle regioni analizzate, e suggeriscono che ulteriori indagini sulle comunità fungine sarebbero di notevole interesse.

Introduzione

L'esaltazione delle caratteristiche regionali distintive del vino è una richiesta molto attuale da parte di tutti quei consumatori che cercano di sfuggire a un mercato troppo standardizzato. Al giorno d'oggi, il concetto di terroir è quindi un mantra nella coltivazione della vite, ma è anche un concetto-guida importante nella vinificazione e nella vendita [1]. Il "terroir" vitivinicolo, così come definito dall'OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), comprende "le interazioni tra un ambiente fisico e biologico identificabile, e le pratiche vitivinicole applicate, che conferiscono caratteristiche distintive ai prodotti originari di questo spazio. Il “terroir” include caratteristiche specifiche del suolo, della topografia, del clima, del paesaggio e della biodiversità"[2]. Negli ultimi anni, diversi studi hanno introdotto il concetto di "terroir microbiologico", poiché il microbiota (l’insieme dei diversi microorganismi che colonizzano uno specifico ambiente) che coesiste con la vite può essere uno dei fattori che influenzano i tratti tradizionalmente associati alla nozione di “terroir” [3–5].

Il primo e pionieristico lavoro in questo campo è stato eseguito nel 2015 da Zarraonaindia e collaboratori [6] che hanno descritto la biodiversità microbica trovata in vigna su diversi campioni (suolo, legno, foglie e uva) e hanno riportato in che misura questa si rispecchiasse poi nei mosti d'uva derivati. La complessità microbica della fermentazione del vino rende eccezionale la ricerca che si ha in campo enologico, area di interesse sia per chi studia le scienze degli alimenti che per gli ecologi. Da lì in poi, infatti, numerosissimi studi si sono susseguiti in tutto il mondo, per caratterizzare i “microbiomi” di uva, vite e vino attraverso una mappatura digitale. In questo contesto, il “cambio di passo” è stato segnato dalla possibilità di applicare tecniche analitiche di nuova generazione (Next Generation Sequencing o NGS) quali la metagenomica ed il metabarcoding, che consentono di avere una fotografia di tutta una comunità microbica (il “microbioma” appunto) senza dovere isolare e coltivare i microrganismi [7]. Inoltre, soltanto l’1 % circa della popolazione microbica è in grado di crescere se coltivata in laboratorio, mentre con le tecniche NGS è possibile estrarre e sequenziare il DNA di tutte le specie presenti in un campione e non solo di quelle coltivabili.

Uno degli aspetti più affascinanti delle ricerche recenti sui microrganismi associati alla vite e al vino è lo studio della loro distribuzione biogeografica. Questa è stata studiata in diverse regioni viticole del mondo, dalla California al Cile in America[4, 8, 9], dal Portogallo all’Italia passando per Spagna e Francia in Europa [6, 10–13], in Nuova Zelanda in Oceania [14, 15] ed in Sud Africa [16] dando un quadro sui vigneti piantati in tutto il mondo. Questi studi indicano che la componente microbica e la sua biogeografia contribuiscono alla espressione della tipicità regionale del vino [17]. Infatti, i microrganismi presenti possono potenzialmente modificare la composizione del vino.

Per quanto riguarda l'Italia, diversi lavori recenti hanno affrontato lo studio del microbiota relativo alla vite, non solo per chiarire la sua distribuzione geografica, ma anche per svelare la diversità microbica nei vigneti [11, 18, 19], per valutare in che modo le pratiche agronomiche possono influenzare il microbiota del vigneto e del vino [12, 20, 21], per chiarire il contributo del portainnesto al microbioma della vite [22].

La maggior parte delle ricerche si sono focalizzate sui grappoli d’uva, serbatoio naturale di microrganismi che hanno vari impatti sulla fermentazione del mosto [23]. L’uva però, come tutti i frutti, non è un habitat presente durante tutto l’anno [15], e ogni anno gli acini vengono quindi colonizzati da funghi e batteri che risiedono altrove nel vigneto. E’ infatti stato dimostrato come i microrganismi del suolo siano in grado di colonizzare diverse parti delle piante, inclusi foglie e frutti, e di raggiungere quindi anche le bacche nel caso dell'uva [5]. Inoltre, studi sul suolo e sulla corteccia mostrato che questi ambienti ospitano una maggiore diversità e ricchezza di specie rispetto all'uva e alle foglie [24]. Nonostante la sua potenziale importanza, la diversità del microbiota epifita presente sulla vite rimane scarsamente descritta, così come il ruolo delle diverse parti della pianta nella colonizzazione microbica delle bacche.

In questo studio, è stata applicata una tecnica di sequenziamento di ultima generazione (16S-NGS) per valutare le popolazioni di batteri associati a vigneti provenienti da due aree viticole d’Italia (DOC Monferrato in Piemonte e DOCG Chianti in Toscana), in ciascuna delle quali erano impiegate due diverse tecniche di gestione agronomica: convenzionale e biodinamica. Oltre ai grappoli d’uva, substrato primario della vinificazione, sono stati raccolti in ciascun vigneto anche campioni di una parte perenne della vite, la corteccia, in posizione prossima al colletto radicale.

Metodi

Lo schema sperimentale del presente lavoro è riportato nella tabella 1. La sperimentazione ha valutato le popolazioni di batteri associati a vigneti provenienti da due aree viticole d’Italia (DOC Monferrato in Piemonte e DOCG Chianti in Toscana), in ciascuna delle quali venivano impiegate diverse tecniche di gestione agronomica: convenzionale e biodinamica. Oltre ai grappoli d'uva, sono stati raccolti in ciascun vigneto anche campioni di corteccia, in posizione prossima al colletto radicale. I microrganismi associati alla corteccia sono stati monitorati durante la stagione di maturazione (all'invaiatura e al momento della vendemmia), ed i risultati sono stati integrati con quelli ottenuti sui microrganismi associati all'uva (campionati poco prima della vendemmia). Campioni di corteccia e uva sono stati raccolti in 3 punti spaziali per ciascun vigneto e processati separatamente (estrazione del DNA microbico e analisi Next Generation Sequencing).

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Tabella 1 Numero di campioni prelevati per analisi metagenomiche di batteri epifiti in ciascun sito

L’estrazione del DNA è stata eseguita secondo protocolli precedentemente validati [25], su soluzione di lavaggio dei campioni (PBS), al termine di incubazioni operate allo scopo di ottenere in sospensione il maggior numero possibile di microrganismi epifiti [13]. Il sequenziamento delle regioni V3-V4 dell’rRNA 16S è stato eseguito su piattaforma Illumina MiSeq da BMR genomics (https://www.bmr-genomics.it/servizi/servizi-ricerca/ngs-next-generation-sequencing/).

L’andamento delle curve di rarefazione ha permesso di verificare che il campionamento è stato sufficiente a determinare in maniera soddisfacente i taxa microbici, pertanto i risultati del sequenziamento del 16S rRNA batterico permettono di caratterizzare le diverse comunità microbiche.

Risultati

Differenze tra le comunità microbiche di uva e corteccia

I batteri identificati nel microbioma associato all'uva in questo lavoro (Fig. 1), erano stati precedentemente osservati in uva o mosto in altre sperimentazioni in diverse aree viticole del mondo, inclusi i phyla che contengono i generi rilevanti per la vinificazione (Proteobacteria e Firmicutes). Per quanto riguarda i batteri associati alla corteccia, questa è stata la prima descrizione effettuata con tecniche metagenomiche: vale la pena notare che tutti i principali phyla descritti (Actinobacteria, Bacteroidetes, Chloroflexi e Verrucomicrobia) erano stati precedentemente trovati in vigneto, principalmente in campioni di suolo, e sono classificati come aventi "effetto innocuo" sulla fermentazione del vino (non avendo né proprietà fermentative, né deterioranti) [7, 26].

In generale, la corteccia presentava comunità batteriche più complesse rispetto all'uva, come si può osservare nella composizione a livello di classe al momento della vendemmia (Figura 1), e come confermato anche dagli Indici di biodiversità (Shannon e Simpson). Questi indici sono risultati significativamente diversi tra uva e corteccia, e hanno indicato una biodiversità maggiore in quest’ultima (dati non riportati). Questo risultato è coerente con quanto visto in lavori precedenti nei quali è stato riportato che il suolo e la corteccia ospitano una maggiore diversità e ricchezza di specie rispetto a uva e foglie [24]. Non sono state trovate invece differenze significative negli stessi indici tra le due regioni, né tra diverse pratiche agronomiche.

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Figura 1 Composizione a livello di classe delle comunità microbiche di corteccia e uva al momento della vendemmia

Il diagramma di Venn riportato in Figura 2 mostra che 20 dei taxa (unità tassonomiche operative) erano condivisi tra corteccia e uva, che rappresentano il 30% delle 65 voci associate all'uva e solo il 3% delle 647 caratteristiche della corteccia, testimoniando che la sovrapposizione tra le due comunità microbiche è solo parziale.

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Figura 2 Diagramma di Venn della sovrapposizione tra taxa in uva e corteccia

Abbiamo quindi voluto verificare se ci fossero differenze qualitative nella composizione del microbiota tra le due regioni o tra le diverse pratiche agronomiche, pur non variando quantitativamente gli indici di biodiversità. Abbiamo pertanto indagato la diversità filogenetica tra le popolazioni. La Figura 3 (Beta diversity, rappresentazione PCoA) mostra prima di tutto la chiara separazione delle popolazioni batteriche tra corteccia e uva, visibili sull'asse 1 (che spiega il 51% di varianza totale). Il secondo asse (che rappresenta solo il 10% di varianza) distingue invece parzialmente le due regioni tra i campioni di corteccia, mentre tra i due metodi colturali non è possibile osservare una distinzione.

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Figura 3 Distanza filogenetica tra i microbiomi dei diversi campioni calcolata sul set di dati completo (uva e corteccia)

Bio-geografia ed impatto dei metodi colturali

Un ulteriore livello di approfondimento è stato ottenuto mediante un’analisi statistica multivariata (PERMANOVA), per vedere se nella comunità microbica specifica dell’uva o della corteccia fossero significativi l’impatto della regionalità, delle pratiche agronomiche oppure della stagione (tutti i dettagli dell’analisi statistica possono essere consultati online al sito relativo alla voce [13]). Nella corteccia è risultato come maggiormente significativo l’effetto della regione di origine e, in secondo luogo, del metodo colturale e periodo di campionamento, mentre per il microbiota dell’uva è risultato significativo il metodo colturale, ma non la regione di origine. In particolare, nella corteccia la regione ed il metodo colturale spiegavano rispettivamente il 18% e l’8% della varianza, come si può osservare nella figura 4, dove le due regioni risultano chiaramente distinte e si vede una parziale separazione anche tra convenzionale e biodinamico. La figura mostra anche che un ulteriore apporto, seppur nettamente minore, sia stato dato anche dal periodo di campionamento.

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Figura 4 Distanza filogenetica (Factor analysis) tra i microbiomi dei diversi campioni calcolata sul set di dati provenienti da corteccia

Nel caso dell’uva invece (dati non mostrati) l’effetto delle pratiche agronomiche è risultato il fattore maggiormente significativo sulla composizione del microbioma (spiegando il 20% della varianza), mentre la regione dava un contributo inferiore e meno significativo (11%, p>0.05). La breve permanenza del frutto in vigneto da un lato, ed il fatto di essere il target di alcuni trattamenti effettuati in vigneto dall’altro, potrebbero contribuire a spiegare questa differenza.

Conclusioni

Questo lavoro ha evidenziato, per la prima volta, l'importanza della corteccia del tronco di vite come potenziale fonte di inoculo per l'uva e come interessante habitat di diversità batterica, dimostrando come nei vigneti analizzati la corteccia di vite ospiti un microbiota epifitico ricco e una maggiore biodiversità batterica rispetto alla bacca d'uva.

Complessivamente, i nostri risultati suggeriscono che l'evidenza di un "terroir microbiologico" possa essere ancora più marcata nella corteccia che nelle bacche, probabilmente a causa della sua permanenza nel tempo e alla sua prossimità fisica con il suolo. Infatti, questo studio suggerisce che fattori geografici e antropogenici quali la regione di origine e le pratiche agronomiche abbiano un impatto sia sui batteri della corteccia che dell'uva, ma in misura diversa e più marcata sulla prima.

Benché questo non sia un quadro completo della situazione, poiché i batteri rappresentano solo una parte della biodiversità microbica, i risultati indicano come l’approccio metagenomico sia stato efficace per lo studio dell’influenza della biogeografia e della gestione agronomica sul microbiota nelle regioni analizzate, e suggeriscono che ulteriori indagini sulle comunità di lieviti e funghi sarebbero di notevole interesse.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano sentitamente il dott. Matteo Calgaro, il dott. Marco Confalone e il dott. Wilson José Fernandes Lemos Jr., co-autori della pubblicazione scientifica da cui è tratto il presente estratto, per il contributo dato alla ricerca. Si ringraziano inoltre il dott. Pierluigi Donna e il dott. Marco Tonni dello "Studio Agronomico SATA" (Brescia) per la loro collaborazione nel raccogliere informazioni sulla gestione agronomica, la storia e le caratteristiche dei vigneti studiati, e per il loro aiuto essenziale nella raccolta campioni. Il completamento di questa ricerca non sarebbe stato possibile senza il loro contributo.

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Pubblicata il 13/06/2021
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