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La gestione del lievito nelle fasi post-fermentative: riduzione dell’uso dei solfiti e prolungamento della shelf-life

Viviana Corich, Chiara Nadai, Veronica Vendramin, Giulia Crosato, Milena Carlot, Deborah Franceschi, Marzio Pol, Alessio Giacomini, Simone Vincenzi

Department of Agronomy, Food, Natural resources, Animals and Environment (DAFNAE) Università di Padova, Legnaro (PD) 

Interdepartmental Centre for Research in Viticulture and Enology (CIRVE) Università di Padova, Conegliano (TV)

Pol&Pol, Conegliano (TV)

viviana.corich@unipd.it

 

Abstract

Il ruolo dei lieviti nella fase post-fermentativa è ben noto nella produzione degli spumanti mediante metodo classico. In questo caso il contatto tra lieviti e vino è molto prolungato permettendo alle cellule microbiche di entrare in autolisi e rilasciare mannoproteine e sostanze lipidiche in grado di modificare profondamente le caratteristiche organolettiche del vino e della schiuma. Molto meno esplorato dal punto di vista scientifico ma anche tecnologico, è l’effetto della presenza del lievito durante le fasi di maturazione di altre tipologie di vini. Le fecce, infatti, possono essere mantenute nel vino per tempi diversi e la loro quantità può essere modulata mediante la procedura dei travasi. E’ stato dimostrato che la sosta sulle fecce determina la modificazioni di composti volatili e di polifenoli presenti in questo prodotto. Un altro aspetto interessante, riguarda il ruolo del lievito nel limitare i danni causati dall’ossigeno. Infatti le fecce sono in grado di assorbirlo evitando fenomeni di ossidazione. Per questo motivo la sosta sul lievito potrebbe essere proposta come un metodo alternativo per ridurre l’utilizzo dei solfiti nella gestione post-fermentativa del vino nell’ottica di migliorare la shelf-life del prodotto. Inoltre, in relazione all’attività del lievito presente nelle fecce, non è ancora chiaro se gli effetti positivi siano da attribuirsi alle frazione di cellule morte, i cui componenti ancora presenti interagiscono con il vino, oppure al metabolismo della frazione di cellule vitali. Con lo scopo di chiarire il comportamento del lievito nella fase post-fermentativa, in questo lavoro, sono stati investigati due ceppi utilizzati normalmente come starter, con diverse richieste in azoto, CGC62 e QA23. In particolare è stato valutato l’effetto dei principali trattamenti, che riguardano la fase post-fermentativa (ovvero delle modalità di raffreddamento, dei travasi e dell’aggiunta dei solfiti) sulla popolazione di cellule totali e vitali dei lieviti utilizzati come starter. Infine i dati ottenuti sono stati integrati con i risultati della valutazione sensoriale dei vini prodotti.

Lavoro finalista del Premio SIVE Ricerca per lo Sviluppo 2019 - Premio ASSOENOLOGI G. Versini e presentato alla 12ª edizione di Enoforum (Vicenza, 21-23 maggio 2019)

____________________________________________________________________________________

Introduzione

Tra i lieviti presenti nell’ambiente enologico Saccharomyces cerevisiae è quello più efficiente nel trasformare gli zuccheri del mosto in alcol, mediante la fermentazione alcolica (Fleet, 2003). Questo però non è l’unico processo che questo lievito mette in atto nel mosto. L’ambiente enologico, infatti, diventa il mezzo di crescita nel quale si duplica sviluppando un metabolismo cellulare complesso e producendo un elevato numero di composti in grado di influenzare le caratteristiche organolettiche del vino. Per questi motivi il suo metabolismo è stato ampliamente studiato durante il processo fermentativo (Ribereau-Gayon et. al., 2006). Non appena gli zuccheri finiscono l’attività fermentativa cala bruscamente indicando che il compito del lievito è finito. La fase terminale della fermentazione è accompagnata anche da una parziale sedimentazione del lievito sul fondo della vasca. I sedimenti che si formano, ovvero le fecce, contengono cellule ormai morte, ma anche molte cellule ancora vive. In realtà la presenza dei lieviti nella fase post-fermentativa, ovvero dopo la chiusura della fermentazione alcolica, è tutt’altro che irrilevante, e una grande discussione è in atto in merito al mantenimento del sedimento a contatto con il vino durante la fase di maturazione. Questa pratica è ben nota nella produzione degli spumanti mediante metodo classico. In questo caso il contatto tra lieviti e vino è molto prolungato permettendo alle cellule microbiche di entrare in autolisi e rilasciare mannoproteine e sostanze lipidiche in grado di modificare profondamente le caratteristiche organolettiche del vino e della schiuma (Alexandre e Guilloux‐Benatier, 2006). Molto meno esplorato dal punto di vista scientifico ma anche tecnologico, è l’effetto della presenza del lievito durante le fasi di maturazione di altre tipologie di vini. Le fecce infatti possono essere mantenute nel vino per tempi diversi e la loro quantità può essere modulata mediante la procedura dei travasi. In questo caso il contatto tra lieviti e vino è più breve rispetto a quanto accade negli spumanti, ciò nonostante è stato dimostrato che la sosta sulle fecce determina la modificazioni di composti volatili e di polifenoli presenti in questo prodotto (Pérez-Serradilla e De Castro, 2008). Un altro aspetto interessante, riguarda il ruolo del lievito nel limitare i danni causati dall’ossigeno. Infatti le fecce sono in grado di assorbirlo evitando fenomeni di ossidazione (Salmon et al., 2002). Per questo motivo la sosta sul lievito potrebbe essere proposta come un metodo alternativo per ridurre l’utilizzo dei solfiti nella gestione post-fermentativa del vino nell’ottica di migliorare la shelf-life del prodotto. L’anidride solforosa e i solfiti in genere, infatti, sono tra i più diffusi inquinanti ambientali, anche se sono tuttora tra i più comuni conservanti utilizzati nell'industria alimentare e delle bevande, per le loro proprietà antiossidanti ed antisettiche, indispensabili per la stabilità e la qualità dei prodotti. Gli effetti negativi dei solfiti sulla salute umana sono stati ampiamente documentati, in particolare nelle bevande alcoliche dove l'etanolo contribuisce ad accentuare risposte allergiche e simil-allergiche alle sostanze in esso contenute (Vally e Thompson, 2001; Nadai et al., 2016). I consumatori moderni, nella scelta degli alimenti, sono sempre più attenti agli aspetti salutistici e premiano quei prodotti in cui la genuinità è messa in primo piano.

Se da un lato la sosta sulle fecce è in grado di proteggere il vino dall’ossidazione, i lieviti ancora vivi presenti nel sedimento potrebbero produrre sostanze in grado di deteriorare il prodotto, quali anidride solforosa, idrogeno solforato e acetaldeide. L’acetaldeide, in particolare, è una molecola importante per la crescita del lievito, è un intermedio della via metabolica della fermentazione alcolica e il precursore dell’acido acetico che il lievito utilizza per produrre acidi grassi, componenti essenziali dei lipidi delle membrane. Se prodotta in quantità elevate conferisce al vino una nota olfattiva negativa definita “stramaturo”. L’acetaldeide si lega irreversibilmente con l’anidride solforosa e ne sottrae grandi quantità all’ambiente circostante (44 mg di acetaldeide si combinano stabilmente con  64 mg di SO2 con un rapporto di 1:1,45) (Liu e Pilone, 2000). Questo meccanismo viene sfruttato dal lievito per resistere ai solfiti. Infatti l’SO2 aggiunta stimola la produzione di acetaldeide da parte del lievito che così annulla l’effetti tossici sulla cellula. La conseguenza di questo meccanismo però è un incremento di acetaldeide nel vino che induce l’enologo ad aggiungere quantità di solfiti più elevate poiché solo una parte sarà disponibile per proteggere il vino dall’ossidazione, mentre il resto sarà neutralizzato combinandosi con l’acetaldeide in eccesso. Inoltre, in relazione all’attività del lievito presente nelle fecce, non è ancora chiaro se gli effetti positivi siano da attribuirsi alle frazione di cellule morte, i cui componenti ancora presenti interagiscono con il vino, oppure al metabolismo della frazione di cellule vitali. Con lo scopo di chiarire il comportamento del lievito nella fase post-fermentativa, in questo lavoro, sono stati investigati due ceppi utilizzati normalmente come starter, con diverse richieste in azoto, CGC62 e QA23. In particolare è stato valutato l’effetto dei principali trattamenti, che riguardano la fase post-fermentativa (ovvero delle modalità di raffreddamento, dei travasi e dell’aggiunta de solfiti) sulla popolazione di cellule totali e vitali dei lieviti utilizzati come starter. Infine i dati ottenuti sono stati integrati con i risultati della valutazione sensoriale dei vini prodotti.

 

Materiali e metodi

Allestimento delle prove di micro-vinificazioni e descrizione dei trattamenti saggiati durante la fase post-fermentativa

Sei ettolitri di mosto di uve Glera, contenenti 158 g/l di zuccheri e pH 3,43, sono stati divisi in sei vinificatori da 100 L ciascuno. Il mosto contenuto in due vinificatori è stato corretto per il contenuto di azoto totale utilizzando solo azoto ammoniacale (ammonio difosfato – NH4); in altri due contenitori la correzione è stata fatta utilizzando solo azoto amminoacidico (estratto di lievito – AA); negli ultimi due il contenuto di azoto è stato corretto con una miscela delle due tipologie di azoto (MIX). L’APA totale (159 mg/l iniziale) è stato incrementato, come riportato sopra, fino ad ottenere una quantità finale pari a 200 mg/l. I due ceppi di lievito utilizzati nella sperimentazione sono stati  Lalvin QA23 (Lallemand Wine) e LaClaire CGC62 (IOC Perdomini). Ciascun ceppo di lievito è stato inoculato ad una concentrazione pari a circa 4 * 106 cellule/ml e la fermentazione è stata condotte a 18°C e monitorata attraverso la valutazione del consumo giornaliero degli zuccheri.

Dopo la fine della fermentazione, i vini ottenuti dalle micro-vinificazioni MIX e NH4 sono stati divisi in 8 aliquote, raffreddati  in modo lento (1°C al giorno fino a raggiungere la temperatura di 12°C) oppure in modo veloce (passando da 18°C a 12°C in 8 ore), solfitati (metabisolfito di potassio 4g/hl ) e travasati come segue (Fig. 1): a) aggiunta di SO2 e filtrazione; b) raffreddamento veloce, aggiunta di SO2 il primo giorno, travaso dopo 3 e 7 giorni; c) raffreddamento veloce, travaso il primo giorno,  aggiunta di SO2 dopo  3 giorni, travaso a 7 giorni; d) raffreddamento veloce, travaso a 3 giorni, travaso e aggiunta di SO2 a 7 giorni; e) raffreddamento lento, aggiunta di SO2 a 1 giorno, travaso a 3 e a 7 giorni; f) raffreddamento lento, travaso e aggiunta di SO2 a 3 giorni, travaso a 7 giorni; g) raffreddamento lento, travaso a 3 giorni, travaso e aggiunta di SO2 a 7 giorni.

Dopo l’ultimo travaso i vini trattati sono stati imbottigliati senza essere filtrati, per valutare l’effetto dei diversi trattamenti durante la conservazione.

Viviana Corich

Figura 1. Schema dell’attività sperimentale

Analisi chimiche, microbiologiche e sensoriali

Per la determinazione degli zuccheri e dell’azoto ammoniacale e amminico è stato utilizzato l’analizzatore enologico multiparametrico Hyperlab Wine Analyzer (Steroglass S.r.l. – Italy) con i kit GLUCOSIO-FRUTTOSIO, AZOTO α-AMMINICO, AZOTO AMMONIACALE (Steroglass S.r.l. – Italy).

Per la conta delle cellule totali e vitali è stato utilizzato un citofluorimetro (CyFlow® SL – Partec, Japan), con uno specifico kit di colorazione differenziale per cellule di lievito (Yeast Control – Viability; Sysmex Partec GmbH, Germany). I dati di citofluorimetria sono stati quindi elaborati grazie al software FloMax® (Partec, Japan).

Per la valutazione sensoriale è stato utilizzato un panel, appositamente addestrato, composto da 10 giudici esperti. I descrittori utilizzati nella valutazione sono stati: riduzione, fruttato, complessità. I vini sono stati presentati in modo randomizzato. Per ciascun vino prodotto sono state valutate tre bottiglie (repliche biologiche).

Analisi statistiche

Le analisi statistiche sono state condotte mediante il software XLStat, versione 7.5.2 (Addinsoft, Francia). è stata utilizzata un’analisi di varianza semplice (one-way ANOVA), seguita dal test di Tukey come “post-hoc” test. L’analisi è stata condotta confrontando le medie di tre repliche e le differenze sono state considerate statisticamente significative per p-value inferiori a 0,05. Inoltre per analizzare i dati della degustazione è stata applicata una metodica di analisi statistica multivariata di tipo descrittivo (PCA-Analisi delle Componenti Principali).

 

Risultati e discussione

Microvinificazioni in mosto di uva Glera

I due ceppi di lievito, Lalvin QA23 (Lallemand Wine) e LaClaire CGC62 (IOC Perdomini), utilizzati da diverse cantine per la produzione del vino Prosecco, sono stati impiegati nella prova di microvinificazione in cui l’APA presente nel mosto è stato incrementato di 40 mg/l circa fino a raggiungere la quantità di 200 mg/l. Prima dell’aggiunta il mosto è stato suddiviso in 6 vinificatori da 100 l in cui l’addizione di azoto è avvenuta aggiungendo solo azoto ammoniacale (NH4), solo azoto aminico (AA) e una miscela di aminoacidi e ammonio in rapporto 1:2 (MIX). In questo modo è stato possibile verificare se la qualità della fonte azotata presente nella correzione potesse influenzare il processo fermentativo e l’attività di lieviti con esigenze diverse rispetto alla fonte azotata. Infatti, prove preliminari indicano che CGC62 consumi più facilmente l’azoto aminico rispetto a QA23. Le cinetiche di fermentazione ottenute (Fig. 2) indicano che la qualità della fonte di azoto aggiunto, nelle condizioni testate, influenza in modo limitato l’andamento fermentativo. 

Viviana Corich

Figura 2. Cinetica di fermentazione dei ceppi QA23 e CGC62 ottenuta nella prova di microvinificazione di mosto Glera QA23 NH4, QA23 AA, QA23 MIX,  CGC62 NH4, CGC62 AA, CGC62 MIX

Infatti, si osservano differenze tra le cinetiche principalmente nella prima parte del processo (a circa 24 ore dall’inizio della fermentazione). In questa fase pur evidenziando dei comportamenti ceppo-specifici QA23 e CGC62 trasformano gli zuccheri più velocemente quando viene aggiunto solo ammonio (NH4). QA23 in mosto addizionato di soli aminoacidi si dimostra il più lento nelle prime 72 ore anche se poi recupera nella fase finale della fermentazione. Nonostante le diversità riportate, non si osservano differenze significative nella concentrazione di cellule nei diversi punti di prelievo analizzati (dati non riportati).

Effetto della modalità di abbassamento delle temperature e di aggiunta dell’anidride solforosa durante la fase post-fermentativa

A fine fermentazione, dopo una sosta di 24 ore, per ciascun ceppo, il vino ottenuto da mosto addizionato con ammonio (NH4+) e quello con una miscela di aminoacidi (MIX) è stato frazionato in 7 aliquote. Ad una di queste, utilizzata come controllo, è stata aggiunta SO2 e subito dopo l’aliquota è stata filtrata e imbottigliata. Delle restanti 6 aliquote, 3 sono state raffreddate velocemente le altre sono state raffreddate in modo lento, mimando le condizioni di cantina. Seguendo le comuni procedure di cantina, ciascuna aliquota ha subito due travasi in cui è stata aggiunta SO2. In alcuni campioni l’aggiunta è avvenuta al primo travaso, in altri al secondo come indicato nello schema in Figura 1. Successivamente il vino è stato imbottigliato in presenza dei residui di lievito.

Durante tutte le fasi della prova sperimentale sono state misurate le cellule totali e vitali presenti nel vino (Fig. 3).

Viviana Corich Viviana Corich
Viviana Corich Viviana Corich
Viviana Corich Viviana Corich
Viviana Corich Viviana Corich

Figura 3. Concentrazione delle cellule totali e vitali durante la fase post-fermentativa

veloce + SO2 (0), veloce + SO2 (3), veloce + SO2 (7), lento + SO2 (0), lento + SO2(3), lento + SO2 (7)

Nonostante la diversa nutrizione azotata il numero totale dei lieviti a fine fermentazione e dopo 24 ore di sosta non è significativamente diverso ne in relazione alla qualità dell’azoto e neppure al ceppo microbico e si attesta a circa 7*107 cellule/ml, valore riscontrato comunemente alla fine di un processo fermentativo. Invece il valore delle cellule vive a fine sosta è significativamente diverso per i due lieviti. In particolare QA23 risulta meno vitale di CGC62 (3*107 cellule/ml rispetto a 4,5*107 cellule/ml). Le maggiori variazioni però si osservano nella fase di travaso. Al primo travaso, infatti, sono state registrate differenze significative tra le cellule totali. In particolare nel caso del ceppo QA23 il numero di cellule totali si riduce in modo più marcato rispetto a CGC62 (1,5*107 cellule/ml rispetto a 3,2*107 cellule/ml). Le maggiori differenze si osservano confrontando le cellule vitali la cui concentrazione nel caso di QA23 è inferiore di più di 25 volte rispetto a CGC62. In fase post fermentativa, il ceppo QA23 non è solo molto meno vitale di GCG62, ma sedimenta più velocemente. Questo potrebbe essere dovuto alla specifica composizione proteica dello strato più esterno del lievito, la parete. E’ noto infatti che la capacità di sedimentazione è legato alla presenza  di specifiche proteine di parete, dette flocculine. Queste proteine legandosi agli ioni calcio bivalenti, sono in gradi di formare dei ponti tra cellule diverse che aggregandosi tendono a precipitare. I ceppi che producono una maggiore quantità di flocculine sono quelli che sedimentano più velocemente. In relazione alla sedimentazione, i dati riportati dimostrano che le modalità di raffreddamento influenzano la concentrazione di cellule totali, indipendentemente dal ceppo. In particolare il raffreddamento veloce riduce, sebbene non in modo molto marcato, il numero di cellule totali rispetto a quello lento.

Al secondo travaso, si verifica un marcato calo delle cellule totali di entrambi i ceppi che scendono di circa 10 volte rispetto al travaso precedente attestandosi a valori di circa 5*106 cellule/ml. Il numero di cellule vitali invece rimane molto diverso tra i due ceppi, circa 1* 106 cellule/ml nel caso di CGC62 circa 6*104 cellule/ml in QA23. Si osserva nuovamente l’effetto delle modalità di raffreddamenti. In questo caso queste però non intervengono sulla sedimentazione delle cellule totali, ma sulla  vitalità del ceppo: il raffreddamento veloce in entrambi i casi mantiene le cellule di lievito più vitali.

La quantificazione delle cellule totali e vitali, infine, è stata eseguita ad un mese e mezzo dall’imbottigliamento. All’apertura delle bottiglie è stata condotta anche una valutazione sensoriale. Nell’operazione d’imbottigliamento il sedimento è stato risospeso. Infatti il numero di  cellule totali, rimane simile a quanto misurato nel secondo travaso. In relazione alle cellule vitali si riscontra un marcato calo in CGC62: il valore si attesta a circa 1*104 cellule/ml, 100 volte inferiore rispetto a quanto osservato al secondo travaso.

Nel caso di QA23 un numero medio di cellule vive rimane uguale a quanto misurato nel secondo travaso (circa 6*104 cellule/ml), mentre quello di CGC62 cala a 1*104 cellule/ml e risulta inferiore rispetto a QA23.

La valutazione sensoriale ha coinvolte un panel costituito da 10 giudici esperti ai quali è stato chiesto di valutare le varie tipologie di vini ottenuti ad un mese dall’imbottigliamento. I descrittori utilizzati sono stati: la riduzione (in grado di evidenziare la presenza di composti solforati prodotti dal lievito durante la fase post-fermentativa), il fruttato (legato alla produzione di esteri di fermentazione che può essere coperto dalla presenza di composti solforati, H2S), complessità (proporzionale alla quantità di composti presenti nel vino). I risultati sono riportati nella Figura 4. Sono stati valutati anche i vini di controllo ottenuti filtrando e solfitando immediatamente un’aliquota di prodotto a fine fermentazione. In generale tutti i vini sono risultati significativamente più complessi rispetto ai controlli. In generale indipendentemente dai trattamenti post fermentativi il ceppo QA23 ha dimostrato livelli di riduzione superiori a CGC62, i cui vini sono stati percepiti decisamente più fruttati. Questo risultato, sicuramente dipendente dalla tipologia di lievito impiegato, potrebbe essere messo in relazione sia al numero che alla vitalità delle cellule di lievito. Infatti QA23 si è dimostrato per tutta la durata della prova molto meno vitale di CGC62. Nelle condizioni testate, i risultati indicano una maggiore produzione e di composti solforati in presenza di un lievito poco vitale.

Viviana Corich

Figura 4. Valutazione sensoriale, tramite l’analisi delle componenti principali (PCA), dei vini prodotti ad un mese e mezzo dall’imbottigliamento: 1) QA23 MIX filtrato + SO2 (0); 2) QA23 NH4 filtrato + SO2 (0); 3) QA23 MIX veloce + SO2 (0); 4) QA23 NH4 veloce + SO2 (0); 5) QA23 MIX veloce + SO2 (3); 6) QA23 NH4 veloce + SO2 (3); 7) QA23 MIX veloce + SO2 (7); 8) QA23 NH4 veloce + SO(7); 9) QA23 MIX lento + SO2 (0); 10) QA23 NH4 lento + SO(0); 11) QA23 MIX lento + SO(3); 12) QA23 NH4 lento + SO2 (3); 13) QA23 MIX lento + SO2 (7); 14) QA23 NH4 lento + SO2 (7); 17) CGC62 MIX filtrato + SO2 (0); 18) CGC62 NH4 filtrato + SO2 (0); 19) CGC62 MIX veloce + SO2 (0); 20) CGC62 NH4 veloce + SO2 (0); 21) CGC62 MIX veloce + SO2 (3); 22) CGC62 NH4 veloce + SO2(3); 23) CGC62 MIX veloce + SO2 (7); 24) CGC62 NH4 veloce + SO2 (7); 25 CGC62 MIX lento + SO2 (0); 26) CGC62 NH4 lento + SO2 (0); 27) CGC62 MIX lento + SO2 (3); 28) CGC62 NH4 lento + SO(3); 29) CGC62 MIX lento + SO2 (7); 30) CGC62 NH4 lento + SO2 (7)

 

Conclusioni

I due ceppi QA23 e CGC62 sono stati impiegati nella vinificazione di mosto di Glera. La quantità di APA è stata integrata con l’aggiunta di azoto sotto forma di sali d’ammonio (NH4), aminoacidi (AA) e una miscela di ammonio e aminoacidi (MIX). La qualità della fonte di azoto aggiunto, nelle condizioni testate, ha influenzato in modo limitato l’andamento fermentativo.  Sono state osservate differenze tra le cinetiche di fermentazione principalmente nella prima parte del processo, mentre non sono state registrate differenze significative nella concentrazione di cellule nei diversi punti di prelievo analizzati. Neppure il numero di cellule totali a fine fermentazione è risultato significativamente diverso. Le condizioni messe in atto nel primo travaso mettono in luce importanti differenze tra i due ceppi: QA23 è decisamente meno vitale di CGC62. Durante il secondo travaso si è verificato in entrambi i casi il calo di cellule totali più importante (indicando questo travaso come quello responsabile della maggior eliminazione delle fecce). GCG62, anche in questa fase risulta più vitale di QA23. Non sono stati registrati effetti imputabili al momento dell’aggiunta di SO2 sulla vitalità dei lieviti, mentre la modalità di raffreddamento veloce ha mantenuto le cellule più vitali rispetto alla modalità lenta per entrambi i ceppi. Dopo un mese e mezzo dall’imbottigliamento erano presenti ancora popolazioni di cellule vive e sebbene, a basse concentrazioni, la vitalità di QA23 era superiore a quella di CGC62. In queste condizioni sperimentali, la valutazione sensoriale ha indicato una maggiore produzione e di composti solforati in presenza del lievito (QA23) che, durante le fasi post-fermentative, ha mostrato la vitalità inferiore.

 

Bibliografia

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Vally H., Thompson P. J. (2001). Role of sulfite additives in wine induced asthma: single dose and cumulative dose studies. Thorax 56, 763-769.

 

Pubblicata il 11/04/2021
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