La valutazione della stabilità proteica dei vini bianchi rappresenta uno dei temi più dibattuti nel mondo enologico.
Il mercato e la comunità scientifica infatti offrono varie alternative in termini di metodiche analitiche per la determinazione dell’instabilità proteica, aventi come obiettivo quello di determinare la dose ottimale di bentonite per evitare che si verifichino intorbidimenti del vino dovuti a fenomeni di precipitazione proteica (casse proteica) su vino finito.
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Tuttavia, si assiste ad un certo disorientamento tra gli utilizzatori in quanto le metodiche forniscono delle risposte molto diverse, con il risultato finale che i dosaggi di bentonite richiesti per assicurare una stabilità proteica, se ottenuti con metodi diversi, risultano anche molto divergenti tra loro.
Se si può affermare pertanto che i test per la determinazione della stabilità proteica dei vini forniscono raramente lo stesso risultato, la domanda diventa: quale test è il più realistico?
Queste considerazioni hanno portato il reparto di R&S VASONGROUP a riassumere nel presente INFOcus i risultati e le considerazioni ottenute da uno studio approfondito che possa fornire delle indicazioni sulle metodiche da adottare per una stabilità proteica di precisione.
La “casse proteica” è definibile come una denaturazione spontanea seguita da processi di aggregazione e flocculazione di particolari proteine presenti nel vino, fra tutte le TLP (Taumatinlike protein) e le chitinasi, proteine prodotte dalla pianta in risposta ad agenti patogeni (pathogenesis related proteins o PR proteins). Il rischio di intorbidamenti e precipitati proteici, dipende da molteplici fattori, la cui comprensione diventa essenziale al fine di una corretta valutazione della stabilità proteica. DI seguito i fattori principali dell’instabilità proteica:
È interessante sottolineare come molto spesso le criticità nell’instabilità proteica siano dovute ad una combinazione di due o più fattori fra quelli qui descritti.
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