La crescita della produzione vinicola negli ultimi anni nel mondo ha portato ad un aumento di trattamenti fitosanitari necessari per la protezione dalle malattie fungine come la Botrite. Come ben sappiamo, ci sono problematiche legate all’uso di pesticidi, e la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica ci indirizzano verso una viticoltura sempre più sostenibile. Il solfato di rame, utilizzato anche in agricoltura biologica, può portare ad un accumulo eccessivo nel suolo e creare un ambiente tossico per lombrichi e altri microorganismi presenti, per questo motivo, secondo le direttive europee, il limite massimo di impiego di solfato di rame è di 4 kg/ettaro all’anno.
La ricerca per soluzioni alternative per la difesa meno impattanti sull’ambiente e più sicure per i consumatori, è stata stimolata anche da questa direttiva. Invece di concentrarsi sulla lotta diretta alla diffusione delle malattie fungine, molti ricercatori, tra cui Gicele De Bona Sbardelotto, si sono concentrati su nuove strategie per l’attivazione dei meccanismi di difesa delle piante stesse: le piante hanno infatti un meccanismo immunitario innato, per difendersi da vari microorganismi come funghi.
In questo lavoro intitolato “Duplice modalità d'azione contro Botrytis cinerea degli estratti di tralci di vite” viene spiegato come gli estratti grezzi dei tralci di Vitis vinifera rappresentano una fonte naturale di composti stilbeni con proprietà antifungine ben caratterizzate. Nelle prove svolte, l'applicazione esogena di un estratto di stilbene (ES) ottenuto dai tralci di vite sulle foglie della vite ha ridotto le lesioni necrotiche causate dalla Botrytis cinerea, ma ha anche inibito la crescita del micelio. È stata anche studiata l'attivazione di alcuni meccanismi di difesa della vite e la trascrizione dei geni che codificano per le proteine che influenzano le risposte di difesa sulle piante di vite.
Video del lavoro presentato all’Enoforum Italia 2021 durante il congresso virtuale (18-20 maggio 2021)
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