Gestione biologica e integrata a confronto: i risultati di una sperimentazione durata oltre dieci anni nel campus di San Michele all'Adige.
Dallo studio è emerso che le due gestioni si equivalgono relativamente alla fertilità chimica del suolo e alla disponibilità di nutrienti, mentre in relazione alla biodiversità microbica, indicatore di fertilità biologica e stabilità ecosistemica, questa è risultata maggiore nella gestione biologica. Complessivamente è emerso che la gestione biologica permette di ottenere risultati produttivi e sanitari comparabili alla gestione integrata.
Lo studio pluriennale di confronto gestioni in vigneto iniziato nel 2011 presso il vigneto “Pozza” della Fondazione Mach, è stato condotto dall’Unità Agricoltura Biologica del CTT e supportato dall’Azienda Agricola FEM, dall’Unità Trasformazione e Conservazione e dall’Unità Chimica Vitienologica e Agroalimentare. Dal 2019, inoltre, lo studio conta anche la collaborazione con l’Università della Campania e con l’Università della Tuscia.
In sintesi, lo studio ha dimostrato che la gestione biologica permette di ottenere risultati produttivi e sanitari comparabili alla gestione integrata. La vigoria delle viti è risultata tendenzialmente inferiore nelle gestioni biologiche, pertanto, per il mantenimento dell’equilibrio vegeto-produttivo della vite, è necessario prevedere un’ottimizzazione delle strategie di fertilizzazione mediante l’integrazione dei diversi input organici. Relativamente alla fertilità chimica del suolo e alla disponibilità di nutrienti, la gestione biologica ha complessivamente equiparato la gestione integrata. L'applicazione di letame maturo ha fornito potassio al suolo e l’erbaio da sovescio si è rivelato una valida strategia agronomica in termini di rilascio di azoto minerale nelle fasi fenologiche di maggiore fabbisogno per la vite. Inoltre, lo studio ha messo in evidenza la capacità delle matrici organiche di sequestrare carbonio nel suolo.
La biodiversità microbica, indicatore di fertilità biologica e stabilità ecosistemica, è risultata maggiore nella gestione biologica con sovescio. La composizione della comunità di batteri, funghi e oomiceti si è differenziata per ciascuna gestione.
L’impatto ambientale delle singole gestioni agronomiche, quantificato mediante l’utilizzo delle impronte di carbonio, azoto e acqua, ha permesso di evidenziare la maggiore sostenibilità di buone pratiche agronomiche in vigneto.
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Fonte: FEM