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Scaricabarile e passaggio del rischio nella compravendita

Alessio Gennari, Studio Legale Gennari

Scaricabarile e passaggio del rischio nella compravendita

C’è stato un periodo in cui lo “scaricabarile” ha ispirato tutti i mercanti che hanno fatto commercio di vino, ma ciò non ha avuto a che fare con la loro sete di danaro; da quando il barile ha soppiantato le anfore, fino all’avvento delle bottiglie di vetro nel diciassettesimo secolo d.C., nella botte piccola non c’è sempre stato il vino buono.

La fine dell’uso dell’anfora attorno al secondo secolo a.C. in favore della botte è avvenuto per una ragione pratica, togliere del peso a una merce che di per sé ne aveva già molto per facilitarne l’allora impervio transito da un posto a un altro. Invero la stessa logica ha permesso di dare vita alle denominazioni poste a nord e a sud di Bordeaux, Cognac e Armagnac, poiché nella distillazione il peso maggiore è dato dalla legna da ardere e allora per distillare i vini di Bordeaux i luoghi più adatti non potevano che essere le foreste lì attigue.
Ad ogni modo, ritornando alle botti e al loro viaggio, gli avamposti di Roma tra il 200 d.C. e il 400 d.C. sono stati segnati dallo scorrere dei fiumi Danubio e Reno, e proprio su quegli argini si trovavano le Legioni perennemente assetate. In quel breve lasso di tempo che ha contraddistinto la storia di Roma, la terra ricompresa tra i centosettanta chilometri che dividevano Adria da Aquilea è stata utilizzata per la produzione di vino destinato alle truppe del nord; per intere settimane le botti hanno viaggiato su carri trainati da cavalli o buoi fintanto da raggiungere i fiumi, per poi navigarli fino all’incontro dei distaccamenti lungo le frontiere. Invero, questo periodo non è durato molto e proprio grazie a un editto imperiale si è passati dal trasporto del vino alla coltivazione della vite lungo i vari avamposti e ciò ha permesso di dare origine a oltre i ¾ del patrimonio viticolo europeo, ma questa è ancora un’altra storia.

Ripensando invece al transito delle botti da un posto all’altro si può nuovamente osservare come lo stesso bisogno d’acqua per il trasporto e la stessa fatica l’abbiano fatta anche i vini di Bordeaux, che hanno navigato tra i corsi d’acqua della Garonna e della Dordogna fino a raggiungere l’Inghilterra per placare la sete di “claret” degli inglesi.

Si pensi allo stesso modo ai vini prodotti sulla Mosella o in Alsazia che per arrivare alla tavola dei più abbienti consumatori hanno dovuto percorrere il Reno in lungo e in largo. A tacere poi del tragitto fatto dai vini spagnoli o portoghesi nelle agitate acque percorse per arrivare alla volta dell’Inghilterra.

Ciò che ha accomunato tutti questi viaggi, a volte lunghissimi, sono state le sollecitazioni e le più disparate condizioni metereologiche a cui è stato sottoposto il vino lungo la strada. Prima dell’avvento della conservazione del vino attraverso le “sofisticazioni” importate dall’Olanda a base di zolfo o di acqua vite, molto poco si conosceva della chimica della bevanda e non si poteva certo conoscere in anticipo in che condizioni si sarebbe presentata alla fine di tanto pellegrinare.

Il vino poteva essere di eccellente qualità alla partenza e infima qualità all’arrivo senza causa apparente, eppure erano passate settimane, mesi, non anni. Tali variazioni erano dettate, ma allora non si sapeva, dal fatto che il vino contenuto nella botte continuava ad essere una sostanza viva il cui variare della temperatura poteva portare l’attivazione di processi chimici imprevedibili e incontrollabili per la scienza del tempo.
In tali circostanze, la presenza nel vino del batterio Acetobacter aceti, se messo a contatto con l’ossigeno a una certa temperatura, era capace di moltiplicarsi fino a trasformare il contenuto dell’intera botte in aceto.

Ma non solo, e in ciò si veda l’esatta imponderabilità degli eventi e con questi l’immanente azzardo di chi volle assumersi il rischio di vivere la sorte del mercante: è più che verosimile che il vino proveniente dalla medesima vendemmia, contenuto in identiche botti, trasportato dal medesimo carro trainato dagli stessi buoi potesse essere a inizio tragitto eccellente e invece trasformarsi in aceto solo in alcune botti ma non in tutte.
Questo mistero, quest’alea è ciò che ha accompagnato la parola “scaricabarile” nel corso dei secoli, parola che è stata pronunciata a gran voce da ogni mercante di vino come se fosse la preghiera pagana di quel commercio.

Assaggio, gradimento e individuazione sono stati i tre passaggi che hanno preceduto la consegna delle botti al mercante, botti piccole però, poiché le dimensioni dei contenitori dovevano garantire un certo agio nel sistemare il carico sopra un carro o sopra un altro mezzo di trasporto; stipata la merce, in capo al mercante sopravvivevano tutti i rischi del viaggio, compreso quello di fallire. Ecco allora che solo con la conclusione di questo il mercante poteva finalmente affrancare lo spirito dalle tante tribolazioni patite e raggiunto il luogo dove la merce sarebbe stata venduta, e se questa avesse incontrato il gradimento di un compratore, il mercante, con la consegna, veniva liberato da qualsivoglia obbligo. Dopo l’assaggio, la vendita del vino veniva compiuta con la consegna delle botti in mani dell’acquirente e con quell’atto di “scaricabarile” il mercante si liberava da ogni rischio, da ogni preoccupazione, da ogni responsabilità assunta e patita durante il viaggio potendo così disinteressarsi delle botti, del vino e della loro sorte.

Res perit dominio, passaggio del rischio nei negozi traslativi

Ciò che un tempo ha regolato il passaggio del rischio nella vendita di cose, la consegna al compratore della merce, ha dovuto cedere il passo al consenso traslativo introdotto con il Codice napoleonico e in seguito recepito nel Codice di commercio del 1865 che ha mutato le regole della compravendita.
La realità della consegna necessaria a perfezionare il contratto è stata sostituita dal principio consensualistico; ora le vicende della proprietà vengono regolate dal solo incontro delle volontà il cui patto è capace di dar vita a quel negozio causale sufficiente per trasferire o costituire il diritto in capo a un altro soggetto. In tal senso l’effetto traslativo (il passaggio di proprietà) si produce non appena il contratto possa dirsi perfetto e tale momento coincide con l’accordo delle parti senza che sia in alcun modo necessario che avvenga il pagamento del prezzo o la consegna del bene (art. 1376 c.c.).

Qualora il trasferimento dovesse riguardare, invece, una cosa determinata solo nel genere, come può essere la richiesta di avere una parte del quantitativo di una botte senza volerne l’intero contenuto, la proprietà del vino si trasmette con l’individuazione, vale a dire nel momento in cui quel quantitativo di vino contenuto nella botte con l’accordo delle parti viene travasato in uno più contenitori che identifichino l’esatto quantitativo concordato e voluto (art. 1378 c.c.).

Individuato il momento in cui è possibile affermare l’esistenza del contratto con le vicende traslative annesse a questo è ora possibile definire in concetto di rischio sottostante alla vendita (art. 1465 c.c.).

Quello che era il rischio del mercante, il caricare la botte con il vino buono all’inizio del viaggio per poi accorgersi all’arrivo della trasformazione del vino in aceto, ha rappresentato un fatto che apparteneva, allora, all’ordine delle cose inspiegabili. Ma la stessa sorte la si può osservare anche in chi volle comprare dello Champagne durante il 1700. La presenza o meno di spuma nel vino apparteneva a quelle circostanze del tutto imponderabili così come il rischio di casse, vale a dire la possibilità che le bottiglie potessero esplodere a causa della pressione del vino sulle pareti della bottiglia di vetro, sono tutti accadimenti della cui sorte ha sempre dovuto rispondere il compratore.

L’impossibilità di determinare la causa degli eventi sopra descritti e il fatto che tali eventi non potessero essere imputati al venditore, poiché aveva effettivamente consegnato prima del viaggio del vino buono oppure delle bottiglie di vetro integro, riassumono la scelta fatta dal legislatore il quale ha disposto che la causa non imputabile al venditore liberi questi da qualsivoglia responsabilità in occasione del perimento o del deterioramento della merce.

Tuttavia, ed è questo il distinguo, ciò che un tempo faceva ricadere il rischio anzidetto sul compratore dal momento in cui questi riceveva in consegna la merce, con l’avvento del consenso traslativo tale momento muta e il passaggio del rischio al compratore avviene una volta raggiunto l’accordo con il venditore.

In tal senso è possibile che la cosa venduta possa perire prima che questa entri nella sfera di disponibilità del compratore per una causa non imputabile all’alienante e in tale ipotesi, vista la scelta del nostro ordinamento di adottare il criterio della proprietà come regola di passaggio del rischio, il perimento o il deterioramento della cosa è in capo al compratore dal momento in cui si è prodotto l’effetto traslativo, non essendo il venditore legato ad alcun obbligo di consegna o custodia della cosa.

Seguendo la medesima logica, anche il rischio di trasporto della merce, questo inteso come danneggiamento perimento della cosa causato dal vettore durante la spedizione, è sempre riferibile al compratore poiché il venditore è liberato dall’obbligo di consegna della merce nella misura in cui questa venga rimessa al vettore o allo spedizioniere (art. 1510 c.c.).

Eccezioni al principio consensualistico, la compravendita internazionale di merci, la direttiva 2011/83/UE e il Codice al consumo

Il concetto di consegna e prossimità della cosa per il passaggio del rischio, se è stato abbandonato dall’ordinamento domestico, ha ritrovato piena vita nelle regole che disciplinano la conclusione dei contratti di compravendita internazionale di merci (L. 11/12/1985, n. 765).

In tali ambiti i concetti di consegna e iniziativa continuano a segnare il passaggio del rischio poiché viene dato risalto al fatto certo della disponibilità della merce nelle mani del compratore e solo da allora potrà essere imputato qualsivoglia rischio. In tal senso, salvo i poteri di iniziativa delle parti nel regolamentare altrimenti la consegna (artt. 67,68 L. 765/85) in capo all’acquirente verranno imputati i rischi pendenti sulle merci solo dal momento in cui verranno consegnate oppure saranno a lui messe a disposizione dal venditore. In tali ambiti, qualora il ritiro non dovesse avvenire a tempo debito, la merce si riterrà ugualmente come messa a disposizione dell’acquirente e da quel momento verrà dato seguito al passaggio del rischio in capo a questi (art. 69 L. 765/85).

Sulla falsa riga di quanto appena scritto, la direttiva 2011/83/UE sul diritto dei consumatori dispone che il rischio di perdita o danneggiamento dei beni ricadrà in capo al consumatore solo qualora quest’ultimo, o un terzo da lui designato e diverso dal vettore, acquisisca il possesso fisico dei beni salvo che il consumatore non abbia a sua volta incaricato un vettore al trasporto delle merci (art. 20 D. 11/83). Anche in questa ipotesi i concetti di consegna e iniziativa segnano il passaggio del rischio, e non a caso i considerando alla direttiva (considerando 51) ritengono opportuno giudicare il consumatore come avente il controllo dei beni quando egli, o un terzo da lui incaricato abbia accesso ai beni per utilizzarli come proprietario, ovvero ne abbia la possibilità di rivenderli (ad esempio, quando ha ricevuto le chiavi o ha preso possesso dei documenti di proprietà)

La stessa sorte del passaggio del rischio è possibile ritrovarla nel Codice al consumo per quei contratti che pongono a carico del professionista l'obbligo di provvedere alla spedizione dei beni. In tali tipologie contrattuali il rischio della perdita o del danneggiamento dei beni, per causa non imputabile al venditore, si trasferisce al consumatore soltanto nel momento in cui quest'ultimo, o un terzo da lui designato e diverso dal vettore, entri materialmente in possesso dei beni. Tuttavia, e si veda il valore dato all’iniziativa con cui vengono valutati i comportamenti delle parti, qualora il consumatore dovesse scegliere il vettore utilizzato per il trasporto il rischio verrà trasferito in capo a questi a seguito della scelta autonoma decisa dal consumatore (art. 63 C.cons.).

Alessio Gennari, Ds, PhD.
www.studiolegalegennari.it

Pubblicata il 01/10/2020
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Titolo del periodico: Rivista Internet di Viticoltura ed Enologia
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