Quando anche i sogni hanno un ‘budget’…
Di Matteo Marenghi
I vini della fascia ‘basic’ o ‘popular premium’ hanno da sempre una domanda molto reattiva nei confronti del prezzo, ma non così si comportavano quelli delle fasce più alte. Ora, per effetto della crisi oramai a dimensione mondiale, anche nei ‘super premium’ e negli ‘icon’ il clima è cambiato, forse per sempre
L‘ultima nota di congiuntura Ismea, relativa al terzo trimestre 2008, conferma un doppio rallentamento per il vino italiano: i consumi interni continuano a mordere il freno mentre calano anche le spedizioni all’estero. Nessuno ha dubbi sul fatto che la crisi, oramai recessione manifesta, non potrà vedere miglioramenti se non nell’arco di 12 o più probabilmente 24 mesi. Nel frattempo le sempre più limitate disponibilità economiche delle famiglie determinano un calo dei pasti consumati fuori casa ma anche una limatura sulla spesa enoica presso supermercati e negozi. Diminuiti dell’1,8% gli acquisti di vino fino a settembre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2007, mentre si può parlare di collasso vero e proprio degli spumanti, in flessione del 12,5%.
Reazioni prevedibili di un paese economicamente debole con ampi strati sociali poco abbienti? Non solo! Peter Meltzer, in un articolo pubblicato lo scorso novembre sul sito di Wine Spectator riferisce che anche nel campo delle aste dei vini prestigiosi siamo ai saldi, con prodotti fino a ieri considerati più sicuri dell’oro che vengono venduti con sconti impensabili. Un esempio: Hong Kong, presso Acker Merrall & Condit una cassa di Romanée-Conti 1990 ha realizzato 235.950 dollari a maggio e ‘soli’ 137.359 il 15 novembre scorso; esattamente lo stesso lotto.
I vini da collezione avevano visto più che raddoppiare le proprie quotazioni a partire dal 2004 ma da ottobre scorso le quotazioni hanno preso a scendere, e vistosamente, proprio parallelamente alla diffusione delle prime circostanziate notizie degli effetti della crisi: “i prezzi devono ritornare realistici - hanno dichiarato gli esperti di settore - noi sapevamo che la situazione non era sostenibile”. E intanto la gente non compra: il tasso di vendita dei lotti battuti è infatti calato dal 94% (media di settembre) al 64 di novembre, con un preoccupante 31% registrato all’asta di Christie’s lo scorso 21 novembre a New York. Insomma, anche i collezionisti ora cercano vini a prezzi più ragionevoli, e i venditori, se vogliono realizzare, devono accontentarli.
Vabbè - potreste obiettare - ma tanto quei vini non si bevono! Ma lo Champagne sì. Giles Fallowfield in un articolo comparso ai primi di dicembre sul sito di Decanter dichiara che le vendite di Champagne nel mondo sono calate di oltre il 20% in ottobre (dati non sospetti, perché forniti dal CIVC, l’associazione che ne cura gli interessi). L’export in Europa cede del 24% mentre il resto del mondo (inclusi quindi Giappone, Stati Uniti e Russia) perde il 23%; anche in Francia le vendite segnano un preoccupante –20%. Il tutto è amplificato dal fatto che si tratta dei mesi più propizi per questo vino, in prossimità delle feste. Un esempio chiaro della situazione è quello della catena inglese Sainsbury's che ha ridotto il prezzo di 6 brand leader delle vendite a 15 sterline la bottiglia, con alcune di esse, quali Lanson Black Label, GH Mumm e Piper-Heidsieck – diminuite di oltre 10 sterline a bottiglia.
Contemporaneamente Gary Boom, presidente di ‘UK Merchants’, ha lanciato un monito assai circostanziato: “se i commercianti di Bordeaux non abbasseranno i prezzi del 50% la vendita en primeur dell’annata 2008 sarà un disastro”. Ciò è giustificato – dice - per un 20% dalla continua rivalutazione dell’euro sulla sterlina, ma dal rimanente 30% dalla mutata situazione internazionale e, più pretestuosamente, dalle basse aspettative qualitative del millesimo.
Insomma, ci è spesso stato detto che il prezzo degli Champagne, come di altri prodotti di fascia alta, è ‘ragionevolmente’ elevato perché quello che la gente compra è più propriamente un sogno, e non un vino. Ma i fatti dimostrano che anche i sogni hanno un ‘budget’ e, giocoforza, occorrerà rivedere molte strategie di posizionamento e ‘pricing’ anche di questi prodotti, che alla fine hanno mostrato di reagire in modo non dissimile dai loro parenti più poveri. Certamente oggi, ma potrebbe anche trattarsi di un processo di non ritorno, anche gli intoccabili alloggiati nella casta degli ‘icon’ se vogliono avere vendite significative devono piegarsi all’inclemente esame del rapporto qualità/prezzo, consapevoli però che il correttivo apportato dall’immagine non può (e forse non potrà più) stravolgere le carte in tavola.
Pubblicata il 16/12/2008