Vino e supermercato: la Torre di Babele
di Matteo Marenghi
In un ipermercato ci sono oggi mediamente oltre 600 referenze di vino e spesso, pur trascorrendo nel reparto vini più del doppio del tempo che dedica ad altri settori, il consumatore se ne va senza comprare; è disorientato.
La possibilità di scegliere è premiante, ma occorrono criteri in grado di orientare meglio all’acquisto, tanto più nel mondo del vino di casa nostra dove all’esasperata frammentazione dell’offerta si aggiunge la totale assenza di marchi di riferimento ed un sistema di denominazioni fra i più complessi al mondo. Non è quindi solo colpa del supermercato se mancano fra gli scaffali politiche assortimentali efficaci.
Tuttavia dalla Gdo il vino non può prescindere, dato che gli ultimi ‘numeri’ danno circa il 65% di venduto transitato attraverso il canale moderno in Italia. Ma nemmeno il supermercato può fare senza il nettare di Bacco: il vino è una categoria strategica per l’insegna di Gdo ed il valore di vendita supera i 1.300 milioni di euro l’anno.
Ma un problema nel rapporto fra i due esiste, eccome. Non a caso il 2008 ha segnato un punto di flesso nelle dinamiche di sviluppo del canale moderno; è la prima volta in 10 anni che l’annata si chiude, per il vino, con dati negativi.
Esaminando le cifre fornite da IRI-Infoscan, e quindi rilevate alle casse dei supermercati italiani, c’è una flessione dell’1,7% del numero di pezzi di vino confezionato venduti nell’ultimo anno e, pur con la consapevolezza che siamo in una fase di crisi economica generale, alcune considerazioni vanno fatte.
Esplodendo questo dato si vede che il segmento che cede di più è quello del vino in brik (-4,3%), e ciò non sorprende, anzi, è una conferma; già da anno il brik cede spazio alla bottiglia da 0,75 (anche perché, spesso, quest’ultima è più conveniente). C’è comunque pure una diminuzione dello 0,3% del formato da 0,75 della bottiglia, segnale poco rassicurante, mentre cala ben del 4,3% (ma questa non è una novità) la vendita del formato da un litro e mezzo.
Negli ultimi anni si sono anche accanite alcune tendenze: la parte maggioritaria (oltre il 60%) dei vini in Gdo viene proposta a prezzi al di sotto dei 3 euro, e altrettanto evidente, incombe una sempre più forte pressione promozionale (maggiore del 50%).
Da una recente indagine Syngenta-Rocchelli emergono altri dati interessanti. Nella fascia superiore agli 8 euro nel 2008 (parliamo di vino rosso, ma il bianco ha le stesse tendenze) si è venduto più vino (incremento del 2,3% sull’anno precedente) mentre nella fascia fra 2 e 3 euro si è registrato un sensibile decremento. È cresciuto invece il volume di vendita dei vini al di sotto dei due euro.
Insomma, si evidenzia sempre più una polarizzazione delle scelte con in crescita i segmenti di prezzo molto bassi e molto alti; nel mezzo, dove si colloca la maggior parte della produzione italiana, si soffre.
L’interpretazione è semplice: il consumatore, pur con possibilità di spesa differenti, cerca situazioni chiaramente definite. Vuole o una forte convenienza o una altrettanto certissima qualità, e per individuare questi prodotti si affida a messaggi netti che non lasciano spazio alla confusione; il messaggio più efficace in questo senso è il prezzo. Nella fascia media, in cui, come si diceva, si concentra la stragrande maggioranza dell’offerta, i messaggi che le bottiglie lanciano non sono chiari, anzi regna la confusione.
È decisamente tempo di una nuova politica assortimentale per il vino al supermercato. La struttura piramidale teorica del sistema delle denominazioni italiane non può essere di grande aiuto, e meno lo sarà con l’entrata in vigore dell’Ocm che depotenzia le demarcazioni fra vini con e senza menzione territoriale e di vitigno; quindi ogni insegna dovrà impegnarsi a creare una più intelligibile gradazione del valore delle bottiglie per far capire agli avventori cosa stanno comprando.
E non si tratta di mettere sporadicamente un sommelier fra le corsie, bisogna che l’esposizione e l’assortimento parlino da sé: non può essere solo il prezzo la chiave di lettura delle caratteristiche dei prodotti, soprattutto con l’uso spregiudicato (nei due sensi) che oggi se ne fa.
Pubblicata il 29/09/2009