Questo lavoro nasce dall’esigenza di studiare il gusto di luce e la sua evoluzione nei vini spumanti.
È assodato che l’entità del difetto di luce è proporzionale alla quantità di fotoni ricevuti e alla concentrazione di alcuni metaboliti quali la riboflavina. La fotoattivazione produce DMS, DMDS, esteri tiolici e mercaptani nei vini. Il consumatore ritiene inaccettabile all’olfatto ognuna di queste molecole e l’insieme delle stesse riconoscendole come difetto.
Le prove eseguite dal gruppo di lavoro composto da Dal Cin, Enoconsulting, Arcari+Danesi, Solouva nascono da alcune semplici domande:
Sono state eseguite 64 spumantizzazioni su una base spumante, variando lievito (2 tipi), sussidiari enologici (2 tipi) e momento di fotoattivazione (pre-tiraggio, dopo 3 mesi, dopo 18 mesi e in post sboccatura).
Dall’incrocio tra l’analisi chimica e l’analisi sensoriale (qualitativa e quantitativa) si è concluso che:
È stata inoltre confermata l’ipotesi che la fotoattivazione influisca sulla shelf life, abbattendola, producendo nel vino perossidi, gliossilato, acroleina e altre molecole che compromettono l’equilibrio ossidoriduttivo del vino, già peraltro debole per le caratteristiche dei vini destinati alla spumantizzazione.
L’approccio risolutivo ha come base di partenza l’abbassamento del tenore in riboflavina.
Non è da escludere che in futuro si debba riprogettare il profilo polifenolico dei vini destinati alla bottiglia trasparente estendendo ai vini bianchi e rosati il concetto di maturità fenolica che consideri- tra l’altro- il tenore in polifenoli, acidi cinnamici, proanticianidine e leucoantociani.
Vedi anche le altre presentazioni Dal Cin ad Enoforum 2017:
Diffusione potenziale del difetto "gusto di luce" nei vini italiani e risultati dei trattamenti proposti
Il difetto del gusto di luce visto dall'enologo