Il vino è il prodotto di un complesso processo di trasformazione, mediato da microrganismi, dunque il monitoraggio della microflora che opera all’interno delle botti è fondamentale. Tuttavia, mentre la chimica analitica applicata all’enologia può vantare moderne tecniche strumentali, resta molto da fare per quel che riguarda il monitoraggio dei lieviti e dei batteri. La microbiologia analitica enologica è ancora in larga parte legata a tecniche colturali che prevedono la crescita dei microrganismi su terreni sintetici. Queste tecniche iniziano a essere poco rispondenti alle esigenze degli enologi per varie ragioni. La coltura su piastra necessita di spazi dedicati e di personale specializzato ed è una tecnica “lenta”. I metodi colturali prevedono la coltura, ovvero la crescita, dei microrganismi presenti nel mosto o nel vino. La velocità di crescita dipende dalle caratteristiche delle diverse specie microbiche e nel settore enologico queste sono poco vigorose, richiedendo tempi variabili dai tre ai dieci giorni per un completo sviluppo.
Questa lentezza fa sì che le analisi mediante tecnica colturale risultino inadeguate laddove il processo produttivo sia veloce, come nel caso delle fermentazioni, o quando si abbisogni di risposte rapide per intervenire tempestivamente nella correzione di problemi o deviazioni (arresti di fermentazione, presenza di batteri lattici, presenza di Brettanomyces). Oggi si affaccia anche nelle cantine un nuovo approccio strumentale che può garantire risultati rapidi ed accurati in tempi decisamente brevi, la citofluorimetria. La citofluorimetria è una tecnica analitica strumentale che si basa sull’interazione tra particelle sospese in un mezzo liquido e la luce, prodotta da laser. Questa tecnica trova oggi applicazione in diversi settori dell’ingegneria dei materiali e della scienza biomedica; da quest’ultimo settore la tecnica si sta espandendo all’ambito enologico, grazie anche alla sensibile riduzione dei costi strumentali che si va osservando negli ultimi anni. Ma come funziona la citofluorimetria? La sospensione cellulare è raccolta e inviata alla camera di rivelazione dal sistema fluidico della macchina che, grazie ad uno specifico design e a pompe di precisione, riesce a ordinare le cellule in un flusso ordinato laminare, disponendole in fila, singolarmente (Figura 1).
Le cellule attraversano la camera di rilevazione, dove intercettano un fascio luminoso generato da un laser. Il passaggio delle cellule attraverso il fascio luminoso crea dei segnali che sono ricevuti ed amplificati da diversi rilevatori. I principali segnali che tutte le particelle (cellule e non) generano sono dovuti alla mera presenza di solidi in un fascio luminoso e sono detti “parametri fisici”. Già i parametri fisici consentono di ottenere informazioni sulla natura della popolazione cellulare differenziando, su base dimensionale lieviti da batteri, o su base morfologica una coltura pura di lieviti da una coltura mista. Le potenzialità della citofluorimetria non si fermano qui. Grazie ad apposite sostanze fluorescenti è possibile evidenziare diverse caratteristiche della popolazione cellulare tra cui la vitalità, specifiche attività metaboliche o, in casi particolari, la specie di origine.
Il Centro di Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach vanta una lunga tradizione nel campo dell’analisi e della consulenza nel settore enologico. Dal 2012 ha sviluppato applicazioni analitiche per l’enologia, basate sulla citofluorimetria (Figura 2).
La prima applicazione implementata è il controllo di qualità sui lieviti secchi attivi impiegati in enologia. I risultati del confronto tra l’analisi citofluorimetrica e i tradizionali metodi colturali sono positivi.
Presso i laboratori della Fondazione Mach sono state analizzate decine di campioni di lievito secco attivo, comparando la determinazione delle cellule con il citofluorimetro alla conta su piastra secondo il metodo ufficiale OIV. Nella maggior parte dei casi le determinazioni ottenute al citofluorimetro rientrano nell’intervallo di incertezza della conta su piastra (Figura 3), l’analisi degli scarti tra i due metodi non evidenzia scostamenti significativi se non a bassi livelli di carica cellulare, dove la tecnica citofluorimetrica riesce a contare cellule di lievito fortemente stressate, non in grado di crescere su piastra Petri.
Inoltre, l’analisi al citofluorimetro ha fornito un ulteriore utile parametro, il numero delle cellule morte presenti nel lievito secco, un indice della qualità del preparato microbiologico e degli stress che ha subito durante il processo di produzione e conservazione. rispetto alla conta su piastra secondo il metodo OIV siamo quindi in grado di ottenere un maggior numero di informazioni e in minor tempo: l’analisi citofluorimetrica dei LSA, considerando anche le fasi preliminari di reidratazione del campione, non richiede più di 30 minuti, rispetto ai 3-4 giorni necessari con la conta su piastra.
Un’altra applicazione in campo enologico è il monitoraggio della rifermentazione in bottiglia durante la produzione di vini spumanti secondo il metodo classico. È noto che la fermentazione secondaria dei vini spumanti sia un processo delicato perché avviene nel vino, ambiente sfavorevole all’attività dei lieviti. La citofluorimetria si presenta come un’interessante alternativa alla conta microscopica. Mediante l’impiego di due soluzioni fluorescenti è possibile discriminare con estrema precisone le cellule vive dalle cellule morte, ma anche quantificare i lieviti che presentano rilevanti danni alla membrana cellulare.
L’incidenza di queste cellule sulla popolazione di lieviti è un chiaro parametro dello stato della biomassa e può consentire di prevenire arresti di fermentazione che causerebbero la compromissione del prodotto. Anche in questo caso quindi la citofluorimetria è in grado di fornire risposte accurate ed esaustive in tempi rapidi, nell’ordine di una ventina di minuti (Figura 4).
Le applicazioni descritte fino ad ora rappresentano due risposte concrete e immediatamente disponibili. sono in fase di validazione anche la conta dei batteri lattici, sia in colture liofilizzate che in vino, e una conta specie-specifica dei Brettanomyces.
È dunque possibile affermare che anche nel settore della microbiologia enologica si stia affacciando una generazione di apparati strumentali in grado di rivoluzionare l’attività analitica dei laboratori e di fornire agli enologi nuovi strumenti per la comprensione delle dinamiche delle popolazioni microbiche durante il processo di vinificazione a tutto vantaggio della qualità delle produzioni enologiche.
Da OICCE Times Rivista di Enologia N. 87, 2021, pp.48-50, Rubrica di Microbiologia