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Una delle principali sfide che il riscaldamento globale pone alla viticoltura è il mantenimento di un’adeguata acidità a maturità nelle uve bianche destinate alla spumantizzazione. Oggi molte regioni vinicole stanno rivedendo le proprie cultivar storicamente coltivate, alla ricerca di nuove, o perché no antiche, varietà in grado di mantenere un’adeguata acidità per produrre vini più apprezzati. Tuttavia, i criteri di selezione di genotipi performanti in termini di acidità alla vendemmia sono complessi. L’invaiatura e la maturazione tardiva possono essere caratteristiche inadeguate, poiché non riflettono necessariamente la capacità di mantenere un’acidità minima dell’uva con zuccheri soddisfacenti.
In questo lavoro biennale, sono stati confrontati la composizione delle uve, dei mosti e dei vini di una varietà locale a bacca bianca ampiamente coltivata nella zona dei Colli Piacentini (cv. Ortrugo, ORT) con quella di una varietà autoctona minore, il Barbesino (BRB). ORT e BRB hanno presentato una dinamica di accumulo di zuccheri (TSS) simile? Quale cultivar ha mostrato una perdita ritardata di acidità titolabile (TA) e quale un tasso di degradazione dell’acido malico (MAdr) significativamente più elevato dall’invaiatura alla raccolta?
Scopri perchè la MAdr può essere un parametro fuorviante nella selezione delle cultivar per l’acidità, e cosa potrebbe rappresentare un nuovo punto di riferimento per la fenotipizzazione dell’acidità.
Ti presentiamo una selezione dei contenuti della rivista a tema..