La valutazione della stabilità proteica dei vini bianchi rappresenta uno dei temi più dibattuti nel mondo enologico.
Il mercato e la comunità scientifica infatti offrono varie alternative in termini di metodiche analitiche per la determinazione dell’instabilità proteica, aventi come obiettivo quello di determinare la dose ottimale di bentonite per evitare che si verifichino intorbidimenti del vino dovuti a fenomeni di precipitazione proteica (casse proteica) su vino finito.
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Tuttavia, si assiste ad un certo disorientamento tra gli utilizzatori in quanto le metodiche forniscono delle risposte molto diverse, con il risultato finale che i dosaggi di bentonite richiesti per assicurare una stabilità proteica, se ottenuti con metodi diversi, risultano anche molto divergenti tra loro.
Se si può affermare pertanto che i test per la determinazione della stabilità proteica dei vini forniscono raramente lo stesso risultato, la domanda diventa: quale test è il più realistico?
Queste considerazioni hanno portato il reparto di R&S VASONGROUP a riassumere nel presente INFOcus i risultati e le considerazioni ottenute da uno studio approfondito che possa fornire delle indicazioni sulle metodiche da adottare per una stabilità proteica di precisione.
La “casse proteica” è definibile come una denaturazione spontanea seguita da processi di aggregazione e flocculazione di particolari proteine presenti nel vino, fra tutte le TLP (Taumatinlike protein) e le chitinasi, proteine prodotte dalla pianta in risposta ad agenti patogeni (pathogenesis related proteins o PR proteins). Il rischio di intorbidamenti e precipitati proteici, dipende da molteplici fattori, la cui comprensione diventa essenziale al fine di una corretta valutazione della stabilità proteica. DI seguito i fattori principali dell’instabilità proteica:
- Temperatura: il calore rappresenta sicuramente il primo fattore responsabile dei fenomeni di instabilità, con cinetiche di denaturazione proteica fortemente influenzate dall’aumento della temperatura, ad esempio durante lo stoccaggio o il trasporto del vino (Falconer et al., 2010).
- pH: variazioni di pH del vino alterano gli stati di ionizzazione delle catene laterali degli amminoacidi, modificando la distribuzione di carica delle proteine e la possibilità di formare legami idrogeno
- Tannini: il ruolo destabilizzante dei tannini nei confronti delle proteine è ben noto.
- Additivi/coadiuvanti: il rischio di formazione di precipitati aumenta esponenzialmente in seguito alle aggiunte di additivi/coadiuvanti poco prima dell’imbottigliamento. In particolare residui di colle proteiche, addizione di lisozima, ma anche l’utilizzo di coadiuvanti per la stabilità tartarica, come la carbossimetilcellulosa (CMC) e l’acido metatartarico possono determinare precipitazioni proteiche.
- Filtrazione del vino: la filtrazione del vino pre-imbottigliamento è un aspetto da non trascurare. Ad esempio la ritenzione di colloidi protettori, dovuta ad una filtrazione eseguita in condizioni non ottimali, può rendere instabile un vino che risultava stabile prima dell’imbottigliamento.
È interessante sottolineare come molto spesso le criticità nell’instabilità proteica siano dovute ad una combinazione di due o più fattori fra quelli qui descritti.
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Troverai un approfondimento dei seguenti punti:
- Fattori responsabili dell’instabilità proteica
- Descrizione dei principali test per la stabilità proteica in uso e confronto fra i risultati ottenibili
- Correlazione fra i risultati del Proteotest® e del test “A caldo”
- Proteotest® come strumento previsionale per instabilità legate all’uso di CMC e acido metatartarico
- Conclusioni e suggerimenti
- Proteotest®
Qual è l’approccio per ottenere vini ad elevata stabilità naturale? I risultati ottenuti con il progetto VINTEGRO, unitamente alle informazioni reperibili in bibliografia sull’argomento della stabilità macromolecolare, hanno permesso di riunire in questo documento tecnico-scientifico conoscenze e indicazioni operative sulle strategie di vinificazione da intraprendere per ottenere vini ad elevata stabilità naturale, intesa come caratteristica
Silvia Mottaa, Massimo Guaitaa, Claudio Cassinob, Antonella Bossoaa Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia, via P. Micca 35, 14100 Asti, Italyb Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica, Università degli Studi del Piemonte Orientale, Viale T. Michel 11, 15121 Alessandria, Italy * Autore corrispondente: silvia.motta@crea.gov.it Articolo estratto dalla
SOFRALAB, 79 avenue Alfred Anathole Thevenet, 51530 Magenta, FranceWQS, Vinventions Enology team, 7 avenue Yves Cazeaux, 30230 Rodilhan, FranceIl lavoro presentato è stato svolto in ugual misura dalle due organizzazioni. Le prime menzioni della pratica del collaggio sui vini si ritrovano nelle opere del 17° secolo. Il latte, il sangue, l’albume e la colla di