Il fenomeno del pinking riguarda i vini bianchi ottenuti da numerose varietà di uva che si manifesta con un’alterazione del colore che passa dalla tonalità gialla al rosa-salmone. Il difetto può essere prevenuto o curato con un’oculata gestione di O2, di SO2 ma anche intervenendo con alcuni coadiuvanti di processo.
Un ampio lavoro di ricerca condotto dal DeFENS dell’Università di Milano, con la partecipazione di Dal Cin spa, ha permesso di comprendere meglio le molecole coinvolte nel meccanismo di formazione, le condizioni chimiche e fisiche che lo possono favorire, le tecniche di cantina utili a ridurne l’insorgenza.
Il chimismo alla base del pinking sarà affrontato nel dettaglio in una pubblicazione scientifica dedicata. Qui riassumiamo solo brevemente i risultati ottenuti con alcuni coadiuvanti enologici.
Nota: La suscettibilità al pinking è stata valutata secondo il metodo di Simpson (con ΔmAU a 500 nm >5 il vino è suscettibile) (Simpson, 1977).
Fattori coinvolti
- Contenuto di polifenoli (e.g. catechine);
- Presenza di composti tiolici (e.g.glutatione, cisteina);
- Ossigeno e presenza di metalli di transizione;
- Varietà di uva (principalmente ad alto contenuto fenolico e/o tiolico, come Sauvignon, Trebbiano di Lugana, Catarratto, Verdicchio, Grillo, Riesling);
- Tecniche di lavorazione (e.g. vinificazione in riduzione, pressatura);
- Annata.
Momenti di intervento
- Pressatura e chiarifica dei mosti (da approfondire con prove durante la vendemmia 2023)
- Fermentazione alcolica
- Chiarifica e affinamento
Fermentazione alcolica
Le sperimentazioni condotte hanno permesso di stabilire una relazione tra ceppo di lievito utilizzato e suscettibilità al pinking del vino ottenuto.
In particolare l’impiego del ceppo commerciale Lalvin 4600 ha permesso di ottenere, in una serie di fermentazioni condotte in condizioni diverse, vini mediamente meno suscettibili al pinking rispetto a vini ottenuti con il ceppo L2 nelle stesse condizioni.
Le differenze che si riscontrano al termine della fermentazione alcolica si mantengono anche dopo 1 mese dall’imbottigliamento, sia in presenza sia in assenza di SO2. (Figura 1 e tab. 1).
Sono da approfondire i meccanismi di azione e l’influenza esercitata dal lievito sui fattori coinvolti.
Chiarifica dei vini
La sperimentazione ha previsto l’impiego di 14 diversi coadiuvanti di chiarifica con effetto curativo. I trattamenti più performanti sono risultati essere quelli condotti con coadiuvanti efficaci nella rimozione delle catechine e, in seconda battuta, dei metalli: Metaless (PVI/PVP), DC-Pol Max (PVPP), Proten100 (Kcaseinato), chitosano.
Metaless: è il trattamento che ha raggiunto i risultati migliori, riducendo drasticamente il rischio di difetto già entro le 48 ore dal trattamento (Figura 2).
In Figura 3 sono mostrati i risultati ottenuti con DC-Pol Max (Figura 3A), Proten100 (Figura 3B). Entrambi i trattamenti hanno abbattuto significativamente il rischio pinking.
Per quanto riguarda l’impiego del chitosano, è necessario approfondire il meccanismo di azione per poter individuare il prodotto più efficace.
Affinamento
Sono stati testati 5 diversi derivati di lievito, tra pareti cellulari e lieviti inattivi, con un tempo di contatto di 26 giorni e rilevazioni periodiche durante questo periodo.
Il derivato che ha mostrato la massima efficacia è stato Harmony Vitality (Figura 4).
Conclusioni
Il pinking, un’alterazione del colore che affligge diversi vini bianchi, può essere prevenuto o curato con un’oculata gestione di O2, di SO2 ma anche con l’impiego di alcunicoadiuvanti di processo.
Il lavoro sperimentale condotto ha permesso di individuare alcuni step della vinificazione durante i quali è possibile intervenire efficacemente con specifici prodotti. Interessante anche la possibilità di produrre vino, scegliendo opportunamente i coadiuvanti, in regime biologico, vegano o allergen free.
Per approfondire:
Pinking: meccanismi di formazione e strategie di prevenzione www.dalcin.com
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