Gli ftalati sono additivi comunemente usati nella produzione di materiali plastici per renderli flessibili. Il bisfenolo A è il principale costituente delle resine epossidiche utilizzate per il rivestimento di tini per vinificazione in cemento o acciaio. Questi sono composti indesiderati nei vini poiché classificati sostanze tossiche di categoria 1B e sospettati di essere interferenti endocrini.

Le potenziali fonti di contaminazione durante la fase di vinificazione sono molte e varie. L’IFV (Istituto Francese della Vite e del Vino) in collaborazione con diverse associazioni professionali hanno istituito un gruppo di lavoro per acquisire conoscenze sulla presenza di ftalati e bisfenolo A nei vini, valutare l’impatto dei diversi trattamenti enologici e identificare le origini di queste molecole lungo tutta la catena viticola.

Le indagini hanno mostrato la presenza regolare nei vini di due ftalati, dibutilftalato (DBP) e benzilbutilftalato (BBP) e di bisfenolo A (BPA). I serbatoi rivestiti in resina epossidica e i tubi flessibili sono le due principali fonti di contaminazione identificate.

Il dimetilftalato (DMP) è stato trovato principalmente nei vini invecchiati diversi mesi in vasche di fibra di vetro. Il DBP è la molecola che si trova più spesso ma all’inizio non viene rilevato nei mosti. È quindi durante fase di vinificazione che può avvenire la contaminazione. I livelli sono variabili ma sono generalmente inferiori al limite di migrazione specifica (LMS) di 0,3 mg / kg.

Numerosi sistemi di  filtrazione, chiarificanti ed altri prodotti enologici sono stati testati in laboratorio.

È stato osservato che in genere DMP e BPA sono i più difficili da eliminare, mentre il DBP può essere eliminato in modo più o meno efficace.

Granuli di copolimeri di stirene e divinilbenzene consentono un’ottima eliminazione di quasi tutti gli ftalati e del BPA. La riduzione ottenuta è almeno del 60% e vicina al 100% per il DBP.

carboni portano all’eliminazione di DBP dall’80 al 95%.

Le fibre vegetali hanno un’alta capacità di assorbimento di DBP (> 60%), mentre l’impatto è inferiore per quanto riguarda il BPA e il terz-butilfenolo (riduzione media del 20%).

La corteccia del lievito consente un’eliminazione media del DBP. L’effetto su altri ftalati e BPA è invece molto limitato o addirittura nullo.

Gli altri prodotti testati (farina fossile, cellulosa, mannoproteine, chitosano, gelatina, lisozima, albumina, bentonite, PVPP, caseina e pisello) hanno mostrato effetti solo parziali o addirittura nulli sull’eliminazione delle molecole bersaglio.

In conclusione è stato dimostrato che alcuni trattamenti sono in grado di eliminare significativamente il DBP, il principale ftalato nei vini. I trattamenti più efficaci sono stati le Granuli di copolimeri di stirene e divinilbenzene, entrambi i tipi di carbone (decolorante e decontaminante) e le fibre vegetali selettive.

Fonte: IFV

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