La presenza di fenoli volatili nei vini è una delle alterazioni organolettiche di origine microbiologica più temute dagli enologi.

Le misure di prevenzione in cantina si concentrano principalmente sul controllo del lievito Brettanomyces. Tuttavia, i fenoli volatili sono ancora troppo presenti nei vini, causando alterazioni qualitative significative. Presenti in piccole quantità, intorno ai 200-400 µg/L, queste molecole alterano la nota fruttata del vino, mentre concentrazioni maggiori provocano la comparsa di note animali che danno origine al cosiddetto “carattere Brett”.

I fenoli volatili che influiscono sulla qualità del vino sono l’etilfenolo e l’etilguaiacolo. Questi sono prodotti dagli acidi idrossicinnamici, comunemente noti come acidi fenolici, in questo caso l’acido p-cumarico e l’acido ferulico. Brettanomyces metabolizza solo la forma libera, che è presente in piccole quantità rispetto alla forma esterificata con l’acido tartarico.

Pertanto, la produzione di fenoli volatili è direttamente correlata allo sviluppo di Brettanomyces e l’impatto organolettico dipende direttamente dalla quantità di acido p-cumarico e acido ferulico. Ciò non dipende dal terroir, dalla varietà di uva, dalla maturità dell’uva o dalla tecnica di macerazione. Il contenuto di acidi fenolici liberi in un vino rosso dopo la svinatura è direttamente correlato alla fermentazione alcolica. Infatti, alcune partite non presentano praticamente più acidi fenolici dopo la svinatura, mentre altre ne hanno a sufficienza per produrre più di dieci volte la soglia di percezione dei fenoli volatili, che si aggira intorno ai 200 µg/L nei vini. Nessuna analisi classica può determinare questo livello di rischio.

Per questo motivo un team di ricerca francese dell’IFV (Institut Francais de la Vigne et du Vin) guidato da Vicent Gerbaux ha sviluppato un nuovo indice di rischio di alterazione da Brettanomyces: il TPPV (Potential Volatile Phenol Content). La tecnica di riferimento per la determinazione di questo indice consiste nell’inoculare un campione di vino con un ceppo specifico di Brettanomyces e nel misurare i fenoli volatili dopo un periodo di incubazione. L’uso di questo indice nella routine enologica richiede una determinazione molto più semplice e rapida: consiste nel misurare gli acidi p-cumarico e ferulico liberi e poi calcolare la loro corrispondenza in fenoli volatili. Le basi di questa tecnica di analisi HPLC sono note da tempo. Il problema è quello di raggiungere una precisione sufficiente di poche decine di µg/L. Per una diagnosi completa di un determinato lotto, la determinazione del TPPV può essere accompagnata da un’analisi dei fenoli volatili, che devono essere inferiori al limite di quantificazione (10 µg/L) per stabilire l’assenza di contaminazione da Brettanomyces, sia presente che passata. La determinazione del TPPV è quindi uno strumento fondamentale per determinare quali lotti sono più sensibili a un’eventuale contaminazione da Brettanomyces e quali sono meno sensibili e quindi per definire percorsi per ridurre al minimo la presenza di precursori di acidi fenolici.

I risultati ottenuti in questa ricerca, applicando questo nuovo indice e tenendo conto del processo metabolico degli acidi fenolici*, hanno dimostrato che il ceppo di lievito e la sua capacità di completare la FA è un fattore determinante. D’altra parte, è stata osservata una perdita di TPPV durante la FA che non può essere spiegata dall’accumulo di vinilfenoli o dalla loro combinazione con gli antociani. In condizioni sperimentali, questa perdita non può essere attribuita a fenomeni di ossidazione. D’altra parte, i test con lieviti inattivati non hanno mostrato alcun effetto sulla TPPV, il che esclude anche i fenomeni di adsorbimento.

Sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire tutti i meccanismi coinvolti nella trasformazione degli acidi fenolici in condizioni di vinificazione.

*Promemoria sul metabolismo degli acidi fenolici nei vini: La decarbossilazione degli acidi fenolici (acido ferulico e acido p-cumarico) in vinilfenoli (rispettivamente 4-vinil-guaiacolo e 4-vinil-fenolo) è il primo passo per la produzione di fenoli volatili da parte di Brettanomyces; a questo segue un secondo passo di riduzione dei vinilfenoli a etilfenoli (4-etil-guaiacolo e 4-etil-fenolo). I Saccharomyces possono effettuare solo la decarbossilazione, che sarà più o meno attiva a seconda del ceppo. È il carattere “POF” (off-flavours fenolici) che porterà a una produzione più o meno importante di vinil-fenoli. Nella vinificazione in bianco, i vinilfenoli si accumulano e rimangono una fonte per la produzione di fenoli volatili da parte dei Brettanomyces. Nella vinificazione in rosso, i fenoli vinilici si combinano con gli antociani per formare piranoantociani e quindi non saranno più una fonte di fenoli volatili per Brettanomyces.

Fonte: IFV

Per saperne di più:

  • Consulta l’articolo originale: www.vignevin.com
  • Gerbaux V., Thomas J., Hardy A. 2021. Détermination du risque de production de phénols volatils par le dosage des acides phénols. Rev des Oenol.,178, 52-54.
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