La fermentazione del mosto d’uva è un processo complesso che coinvolge lo sviluppo di diverse specie microbiche. L’uso di colture starter selezionate per guidare la suddetta fermentazione è ad oggi praticato nella maggior parte delle regioni vinicole del mondo e la gamma di microrganismi disponibili in commercio si sta allargando nel corso degli anni, dando così ai produttori di vino la possibilità di gestire in maniera razionale svariati aspetti delle fermentazioni guidate. Parallelamente, l’aumento dell’attenzione dei consumatori alla sostenibilità e la pressione economica sui costi stanno spingendo i produttori di vino a cercare metodi per ridurre l’impatto ambientale durante la produzione.
In questo contesto, lo sfruttamento dei microrganismi per rendere più sostenibile la vinificazione è un approccio recente e ancora poco studiato. In passato, la sostenibilità in viticoltura era infatti intesa principalmente come riduzione dell’uso di pesticidi, fertilizzanti e metalli pesanti nel vigneto. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che l’impatto ambientale del vino dipende anche dalle fasi di vinificazione, tra cui le trasformazioni microbiche che avvengono durante la vinificazione.
Negli ultimi anni, infatti, sono state scoperte nuove potenzialità dei passaggi fermentativi per migliorare l’impatto ambientale e le emissioni di CO2 legate alla vinificazione, come riassunto in Figura 1. Queste includono tra gli altri la riduzione dei solfiti (grazie ad esempio alla bioprotezione), l’incremento della biodiversità (grazie all’inoculo di lieviti non Saccharomyces) e il risparmio energetico associato alle fermentazioni, in particolare alla fermentazione alcolica.
La maggior parte dell’elettricità utilizzata dalle cantine (circa il 90%) viene infatti consumata dai sistemi di refrigerazione per il controllo della fermentazione, la stabilizzazione a freddo e la conservazione di mosti e vini.
Nella produzione di vini bianchi e rosati, il processo di fermentazione avviene, per scopi qualitativi, a temperatura controllata, a cui il vino deve essere raffreddato all’inizio della fermentazione e durante tutto il processo; e la reazione di fermentazione genera calore che deve essere rimosso. Nel complesso, tuttavia, alcuni recenti studi dimostrano che può essere ottenuto un notevole risparmio energetico attraverso la gestione della temperatura delle fermentazioni, ovvero evitando refrigerazioni eccessive quando non necessarie, senza compromettere la qualità sensoriale del vino.
Dal punto di vista microbiologico, La letteratura scientifica ha già ampiamente descritto l’effetto della temperatura sul metabolismo del lievito durante la fermentazione del vino.
In passato si riteneva, in particolare, che solo a basse temperature venisse prodotta un’elevata quantità di aromi. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che questo non è sempre vero. I risultati in bibliografia sono molteplici e non sempre concordi tra loro. Negli ultimi anni è stato riconosciuto infatti che l’effetto della bassa temperatura sulla produzione di aromi da parte dei lieviti varia notevolmente a seconda del ceppo di Saccharomyces cerevisiae. Ciò è facilmente comprensibile se si considerano le condizioni nelle quali i diversi ricercatori hanno condotto le loro prove. I ceppi di lievito utilizzati sono svariati, così come le famiglie aromatiche analizzate e le condizioni di mosto impiegate (varietà, zuccheri, azoto assimilabile, a volte anche mosto sintetico). Inoltre, le temperature tra loro comparate in ciascun lavoro scientifico mostrano differenze piuttosto elevate: gli studi di laboratorio mettono volutamente “alla prova” il lievito in situazioni modello estreme, passando ad esempio da 12 a 25 °C, oppure da 15 a 28 °C, o ancora da 10 a 20 °C, variazioni che nessun enologo apporterebbe in cantina in una vinificazione in bianco.
Dunque, l’effetto della temperatura sulla produzione di aromi da parte dei lieviti è complesso e dipende da diversi fattori.
Considerando questa base di partenza, c’era e c’è quindi margine per studiare l’effetto di un aumento ragionato delle temperature di fermentazione allo scopo di risparmiare energia in cantina, senza pregiudicare il risultato enologico. Di conseguenza, negli ultimi anni sono state condotte diverse sperimentazioni per quantificare il risparmio energetico che può essere ottenuto in vinificazioni in bianco (basi spumante o vini fermi) aumentando la temperatura di fermentazione di 3-4 °C rispetto al protocollo abituale.
In un primo studio condotto nel 2016 dal CREA in collaborazione con l’Università di Milano, è stato testato l’effetto della temperatura di fermentazione sulla produzione di vino base spumante Chardonnay.
La fermentazione è stata condotta a una temperatura di 4°C superiore allo standard della cantina, ovvero 19 °C invece di 15 °C. I risultati hanno mostrato che l’aumento della temperatura ha prodotto un risparmio energetico di circa il 65%, senza compromettere la qualità del vino. In particolare, non sono state riscontrate differenze significative nei principali parametri chimici del vino, né nelle caratteristiche sensoriali (test triangolare con scelta forzata).
In un altro studio condotto nel 2019 da un gruppo di ricerca in Germania, è stato testato l’effetto della temperatura di fermentazione sulla produzione di vino base Riesling, comparando fermentazioni a 19 °C, 17 °C e 14 °C.
I risultati hanno confermato quelli dello studio precedente, mostrando che l’aumento della temperatura ha prodotto un risparmio energetico di circa il 70 % con l’aumento di 5°C, senza compromettere la qualità del vino. Infine, un terzo studio è stato condotto su scala industriale a volumi più grandi dal gruppo CREA – Università di Milano, e recentemente pubblicato, per dare robustezza e conferma ai dati precedentemente acquisiti. In questo studio, condotto nel 2019 e nel 2020, sono state impiegate uve di varietà Glera e Pinot Grigio, i mosti sono stati fermentati in vasche da 450 hL, il risparmio energetico variava in questo caso tra il 30 e il 35 %, sempre con risultati enologici e sensoriali confermati.
In conclusione, i dati degli studi riportati dimostrano che l’utilizzo di lieviti selezionati opportunamente scelti e di protocolli di fermentazione adeguatamente ragionati può consentire un notevole risparmio energetico nella vinificazione in bianco, senza compromettere la qualità del vino.
Ulteriori sviluppi delle ricerche in corso saranno necessari per dare ai produttori di vino adeguati strumenti in tal senso. L’interesse per questo filone di ricerca è peraltro apprezzabile anche nel contesto internazionale, come testimoniato ad esempio dal fatto che l’OIV, Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino, ha incluso lo studio del risparmio energetico nel processo di fermentazione tra gli argomenti delle sue Borse di Studio, incardinate a loro volta sui temi dei programmi prioritari.
Da OICCE Times Rivista di Enologia N.97 – INVERNO 2023, pp.54-56, Rubrica di Microbiologia
Valentina Giovenzana, Roberto Beghi, Ileana Vigentini, Riccardo Guidetti and Tiziana Nardi (2023) “Impact of fermentation-temperature management combined with specific yeast choice on energy savings in white winemaking”, BIO Web Conf., 68 – 02035. doi.org/10.1051/bioconf/20236802035
Giovenzana, V., Beghi, R., Guidetti, R., Luison, M. and Nardi, T. (2023) “Evaluation of energy savings in white winemaking: impact of temperature management combined with specific yeasts choice on required heat dissipation during industrial-scale fermentation”, Journal of Agricultural Engineering, 54(3). doi: 10.4081/jae.2023.1523.
Valentina Giovenzana, Roberto Beghi, Paola Vagnoli, Francesco Iacono, Riccardo Guidetti, Tiziana Nardi (2016) “Evaluation of Energy Saving Using a New Yeast Combined with Temperature Management in Sparkling Base Wine Fermentation”. Am J Enol Vitic. 67:308-314 ;doi: 10.5344/ajev.2016.15115
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