Petrucci William Antonio1, Ciofini Alice1, Valentini Paolo1, D’Arcangelo Mauro E. M. 1, Storchi Paolo1, Mugnai Laura2, Carella Giuseppe2, Burroni Fabio3, Marco Pierucci4, Perria Rita1
1 CREA – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia
2 DAGRI – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali-Università di Agraria di Firenze
3 Castello di Gabbiano
4 P.Ri.Ma. Forma – Progettazione, Ricerca e Management per la Formazione
E-mail address: williamantoniopetrucci@crea.gov.it
Abstract
Le produzioni viticole biologiche necessitano di numerosi trattamenti a base di rame per la difesa delle piante, ma un uso intensivo non è attualmente tollerato a causa della sua scarsa lisciviazione dal suolo e fitotossicità. Il Reg. 1981/2018 fissa l’impiego di rame a 4 Kg/ha all’anno o 28 Kg in 7 anni con un massimo assoluto di 6 kg/ha ad annata, sebbene tali limiti siano sottoposti a continue riduzioni. Una strategia per ridurre l’impiego di rame è fornita dalla possibilità di monitorare il microclima (ventosità, temperatura, pioggia umidità) del vigneto ed impiegare i DSS per massimizzare l’utilità dei trattamenti. Si possono anche stimolare le naturali difese della pianta con sostanze di supporto (biostimolanti, induttori, corroboranti) per abbassare il numero dei trattamenti o la dose di fitofarmaco. Presso l’azienda Castello di Gabbiano (DOCG Chianti Classico, Italia) nel 2019 e 2020 su 3 vigneti differenti per esposizione e giacitura si è confrontata una gestione biologica aziendale con una a ridotto impiego di rame, integrata con l’uso di sostanze di supporto. Tra le due gestioni non sono state registrate differenze statisticamente significative (P>0,05) all’interno dei vigneti nella produzione e qualità delle uve alla vendemmia. Per quanto riguarda la presenza di peronospora su foglie e grappoli è stata osservata una incidenza e severità maggiore nella gestione a ridotto uso di rame solo nel 2020. Mediamente nei 2 anni sono stati utilizzati 4,3 Kg/ha di rame nella gestione biologica contro 2,7 in quella a dosaggio ridotto con impiego di sostanze di supporto, ottenendo uve con qualità pressoché identica con una riduzione fino al 40% di rame utilizzato nelle diverse condizioni di esposizione e coltivazione dei vigneti.
INTRODUZIONE
Il settore del Biologico è un’importante colonna dell’agricoltura che raramente viene toccata dalla crisi: i prodotti biologici sono sempre molto richiesti, soprattutto per quei consumatori evoluti che mostrano attenzione per l’origine dei prodotti e per l’ambiente. L’Italia, per questo si trova, ad essere uno dei più grossi ed apprezzati paesi di produzione. Nel caso del vino quello di origine biologica, vede crescere annualmente il suo peso all’interno del paniere dei prodotti biologici e del settore enologico. Attualmente le superfici destinate alla coltivazione di vigneti biologici sono 105.384 ha (di cui poco più di un terzo in conversione) (Sinab, 2018) e nel 2018 la vendita di vino biologico ha toccato quota 21,6 mln nella sola GDO (+88% rispetto all’anno precedente). Gli imprenditori agricoli devono tuttavia confrontarsi con il Regolamento 1981/2018 che fissa il limite di rame in campo a 4 Kg/ha annui (28 Kg/ha in sette anni – inizialmente 6, da Reg. 889/2008). Risulta utile quindi lo sviluppo di applicazioni che permettano un efficiente impiego di questo prodotto, facilmente dilavabile e fitotossico per suolo e pianta (Rusjan D et al 2007). Sicuramente un primo aiuto viene dalla tecnologia, che ha permesso: di migliorare l’efficacia di tali prodotti attraverso formulazioni con caratteristiche simili ai prodotti farmaceutici per uso umano; di aumentare l’efficienza, in fase d’irrorazione, utilizzando sistemi di controllo a rateo variabile capaci di determinare la quantità e qualità della miscela in relazione allo sviluppo della canopy e per finire un avanzamento nelle capacità di monitoraggio microclimatico del vigneto con la possibilità di produrre tramite avanzati algoritmi, previsioni di rischio per le principali malattie fungine, indicando quindi il momento migliore per effettuare trattamenti e permettendo di abbandonare i vecchi e dannosi trattamenti a calendario. Nell’ambito della protezione della vite un ulteriore contributo è oggi fornito, in un conteso di riduzione dei p.a. e delle quantità ammissibili, dagli estratti derivanti da materiale vegetali o sottoprodotti organici: è oramai riconosciuto l’effetto stimolante sulle difese genetiche delle piante di questi prodotti contro gli stress abiotici e biotici (Battacharyya et al., 2015; Bulgari et al., 2014; Bulgari et al., 2015; Du Jardin P., 2015; Colla et al., 2015; Wajahatullah et al., 2009). Tra questi prodotti il principale sono gli estratti di alghe (Aschophillum nodosum) o sulla vera e propria induzione di resistenza (Aziz A. et al. 2003; Romanazzi G. et al., 2014; D’arcangelo M.E.M. et al. 2016) con cambio dei profili polifenolici (Souquet J. M et al. 2000) delle matrici vegetali. Tali sottoprodotti di lavorazione, sia vegetali che animali, risultano utili sebbene l’efficacia sia estremamente specifica in termini di specie e cultivar su cui vengono applicati e richiedono competenze capaci di definire il periodo di somministrazione, la concentrazione e le condizioni della coltura, giocando, tali fattori, un ruolo importantissimo nel determinare l’efficacia. Il progetto Green Grapes (LIFE16-ENV-IT-00056) co-finanziato dal Programma LIFE-UE affronta e offre indicazioni per questo problema; in particolare si pone l’importante obiettivo di abbattere l’impiego di rame del 50% rispetto al reg. 889/2008 e portarlo quindi a 3Kg/ha, sotto la soglia oggi fissata della nuova normativa sopra riportata, mantenendo invariati i livelli produttivi e qualitativi. Al fine di ottenere tale risultato si è impiegato un sistema di sopporto alle decisioni (SSD) che fornisce indicazioni sul rischio di insorgenza delle malattie in vigneto e consiglia l’impiego di trattamenti (Fig. 1); sono stati contemporaneamente utilizzati estratti differente natura per l’attivazione delle difese naturali delle piante di vite da impiegarsi in strategia con altri prodotti ammessi in agricoltura biologica.
GLI ATTORI
La parte del progetto inerente la raccolta dei dati sulle vendemmie e la parte fitopatologica sono state condotte rispettivamente dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – sezione Viticoltura ed Enologia (CREA-VE), dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali (DAGRI-Unifi) in collaborazione con l’azienda vitivinicola Castello di Gabbiano (San Casciano val di Pesa, Firenze), nelle annate 2019 e 2020.
LE PROVE
Le attività sono state condotte in un’area collinare viticola per eccellenza, il Chianti, presso l’Azienda Castello di Gabbiano, su tre vigneti con differente giacitura e lievi differenze in termini di esposizione. La varietà è Sangiovese, clone Chianti Classico innestato su 110R mentre la forma di allevamento è a cordone speronato. I tre vigneti oggetto della prova sono Marzocco, Ferrone e Bacìo: il primo orientato a Ovest-Est, il secondo Sud Ovest-Nord Est e l’ultimo Est-Ovest (Fig. 2) con suoli argillosi e pendenza da debole (Marzocco e Ferrone, 6-10%) a moderata (Bacìo, 11-20%), contenuto di sostanza organica media (Marzocco) e molto bassa (Ferrone e Bacìo). Per ciascun vigneto due gestioni sono state attuate: Biologico (OR) e Biologico con riduzione della percentuale di rame per trattamento ed aggiunta di Sostanze di Supporto alle viti (SS). Il monitoraggio del microclima del vigneto è stato affidato ad una stazione meteo che registrava la temperatura giornaliera (minima, massima e media), la piovosità (mm), la bagnatura fogliare (ore SI) e l’umidità relativa e tramite DSS forniva una stima del rischio fitopatologico. Sono stati selezionati tre estratti di differenti origini al fine di attivare le risposte naturali di difesa delle piante (d’ora in avanti nominati come “Sostanze di Supporto”), il primo derivante da parti vegetali di varie specie addizionate con propoli, il secondo da Saccharomyces cerevisiae e l’ultimo da un mix di alghe ed erba medica. La somministrazione, per via fogliare, ha seguito le fasi fenologiche ed è riportato in Fig. 3.
Dall’inizio delle prove è stata rilevata periodicamente incidenza e severità su foglie e grappoli. La produttività è stata determinata contando e pesando i grappoli prodotti per pianta; in laboratorio è stato determinato il peso medio dell’acino mentre sui mosti è stato analizzato il TSS (°Brix), l’acidità totale (g/l), la concentrazione degli acidi organici e quella degli antociani totale ed estraibili. Per ogni vigneto e ciascun anno il SSD ha registrato i trattamenti dei prodotti e calcolato l’apporto annuo di rame per ciascuna gestione. Le medie sono state confrontate tramite il programma SPSS®25, col Test di Duncan per P<0,05.
I RISULTATI
I dati meteorologici raccolti hanno evidenziato due annate nella media piuttosto simili (Fig. 4): il 2019 ha mostrato una primavera lievemente più fredda ed un’estate con temperature più omogenee e più precipitazioni rispetto all’anno successivo. La produttività media maggiore è stata raggiunta nel vigneto Bacìo gestito come Biologico (sia per numero di grappoli che Kg/pianta) ed anche la gestione Biologico ridotto (da ora SS) ha raggiunti i valori maggiore nel medesimo vigneto.
La stessa gestione ha ottenuto sempre valori inferiori al Biologico senza riduzione (da ora OR). Eccezione nel vigneto Ferrone (Fig. 5) dove le due gestioni SS e OR, non hanno mostrato differenze statisticamente significative (P>0,05). Anche i parametri delle uve analizzate in laboratorio non hanno mostrato differenze significative tra le diverse gestioni all’interno dello stesso vigneto (P<0,05). La pezzatura dell’acino maggiore è stata raggiunta in Marzocco SS mentre la più bassa in Bacìo-OR (P<0,05) (Tab. 1); Il mosto col valore maggiore di Gradi Brix è quello di Ferrone-OR (24,6 °Brix) mentre quello più basso Marzocco-SS (23,2 °Brix); non vi sono differenze per l’acidità titolabile tra tutte le prove per P<0,05. Per quanto riguarda gli antociani totali non vi sono differenze significative tra le due gestioni all’interno del medesimo vigneto: il valore maggiore è quello di Bacìo-OR mentre il più basso Marzocco-SS, rispettivamente 1.757 e 1.424 (mg/kg Malvidina 3 glucoside); non vi erano differenze per quelli estraibili per P<0,05. Non vi sono differenze significative per tutti gli acidi organici per nessun fattore (vigneto-gestione) (Tab. 1). La gestione OR ha impiegato in media 4,2 – 4,3 kg/ha per anno di rame mentre quella SS 2,6 – 2,7 kg/ha (Tab. 2) ottenendo così una riduzione pari a ca. 37-40%: i valori sono stati calcolati direttamente dal SSD ogni volta che si inseriva il prodotto impiegato per il trattamento.
DISCUSSIONE
Per quanto riguarda la produttività l’impiego combinato di estratti di alghe, di Saccharomyces e di materia prima vegetale non ha migliorato i valori produttivi (Kg/pianta e grappoli/pianta) della gestione SS rispetto a quella Bio (OR); Curpi et al. (2021) riporta un risultato analogo con Saccharomyces cerevisiae sebbene su uva da tavola. Basile et al. (2020) riporta che l’impiego di estratti di alghe non ha migliorato la produttività per la cv da vino Tempranillo così come Gutierrez_Gamboa et al. (2018) che non ha trovato differenze di pezzatura negli acini nella cv Carménère trattata con biostimolanti a base di alghe brune e microelementi. Battacharyya et al. (2015) ha riscontrato invece che biostimolanti a base di estratti di alghe (A. nodosum) hanno incrementato la pezzatura in frutti di vite. Riguardo i parametri tecnologici (°Brix, acidità totale, acidi organici e antociani totali) la miscela di estratti non ha generato cambiamento nei valori, come indicato da Gutierrez-Gamboa et al. (2018), Lisek et al., (2016) e Basile et al. (2020) che osservano invece un incremento di polifenoli ed antociani su cultivar Tempranillo trattata con proteine idrolizzate di origine vegetali; anche Crupi et al. (2021) rileva un aumento nella frazione antiossidante di frutti di vite sebbene da tavola, variabile a seconda della cultivar e più marcato nelle cultivar a basso contenuto di antocianine (Crimson®Seedless). Altri lavori come quello di Soppelsa et al. (2019) su fragola non hanno trovato differenze su piante trattate con estratti di alghe o erba medica per i parametri di produttività, TSS (°Brix) e acidità rispetto ad un controllo non trattato.
CONCLUSIONI E POSSIBILI APPLICAZIONI
La scelta di ridurre la percentuale di rame durante i trattamenti ed impiegare sostanze di supporto non ha ridotto la qualità delle uve che si è mantenuta analoga ad una gestione biologica, per i parametri analizzati e nei due anni di attività. La malattia ha sicuramente colpito maggiormente le prove gestite col protocollo Biologico ridotto (SS) in tutti i vigneti, soprattutto nel secondo anno; nonostante questo le perdite di produttività sono state contenute e, nel caso del vigneto Ferrone la gestione SS ha ottenuto una performance paragonabile a quella biologica (OR). L’impiego di DSS ha inoltre consentito un più razionale impiego dei trattamenti ridotti alla probabilità di presenza dei patogeni in campo; i dati raccolti dal sistema saranno sfruttati negli anni successivi per migliorare continuamente il protocollo. La strategia impiegata ha permesso di ottemperare ampiamente ai limiti fissati dal Regolamento impiegando meno di 3 Kg/ha nei due anni, obiettivo utile anche in vista di un possibile ulteriore abbassamento legislativo dei limiti consentiti. Ulteriori vantaggi di queste Sostanze di Supporto possono derivare da l’impiego in condizioni critiche poiché possono concorrere a mantenere la pianta in equilibrio preservandola da stress biotici (patogeni) ed abiotici.
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Pier Giorgio Bonicelli, Ginevra Canavera, Riccardo Collivasone, Silvia Pagani, Mario Gabrielli, Tommaso FrioniUniversità cattolica del Sacro Cuore, Piacenza Una delle sfide impellenti per la viticoltura italiana è quella di trovare nuove soluzioni per fronteggiare il cambiamento climatico. L’aumento delle temperature e la carenza di precipitazioni hanno infatti pesanti ripercussioni sulla produttività e qualità delle uve
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Gabriella De Lorenzis1*, Daniele Migliaro2, Davide Bianchi1, Giovambattista Simone Di Lorenzo1, Barbara De Nardi2, Massimo Gardiman2, Osvaldo Failla1, Lucio Brancadoro1, Manna Crespan2* 1 Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Milano, Italia2 CREA – Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia, Conegliano, Italia * Autori corrispondenti: gabriella.delorenzis@unimi.it; manna.crespan@crea.gov.it Articolo estratto dalla presentazione di Gabriella De Lorenzis in occasione della