Nell’ambito del Viteff, l’annuale Salone delle tecnologie vitienologiche applicate al settore dei vini effervescenti, la giornata tecnica organizzata dagli Enologi di Francia ha affrontato il tema del “Cambiamento climatico e ripercussioni sui vini di Champagne”. A presiedere i lavori l’ingegnere Joël Rochard, esperto internazionale di viticoltura ed enologia e Wilfried Devaugermé, presidente regionale dell’Union des Oenologues.

Cambiamento climatico, alterazione climatica, riscaldamento climatico. Che ci sia in atto una trasformazione, a prima vista favorevole alla corretta maturità per i vini di Champagne, è innegabile. Ma, in una visione prospettica, potrà questa situazione garantire sul lungo periodo la produzione di vini di qualità?

Con il contributo di autorevoli studiosi e rappresentanti del mondo vitivinicolo non solo champenois, si è cercato di dare risposta alla delicata questione. Le leve viticole (portinnesti, vitigni, cloni) sono in grado di fornire una prima soluzione per far fronte allo stress idrico senza che venga persa la tipicità del prodotto. Sul fronte enologico si lavora sull’adozione di opportune pratiche fisico-chimiche in grado di preservare la freschezza aromatica dei vini. Il momento della raccolta può dare il proprio contributo vendemmiando nelle ore più fresche, raffreddando le uve, riducendo la durata dalla raccolta alla pressatura, anche in virtù di esperienze portate avanti in altre regioni viticole. Non da ultimo, la progettazione della cantina appare come un aspetto cruciale nel fronteggiare il rialzo termico e introduce altresì la questione ecologica e quella della sostenibilità con cui dovrà conciliarsi.

Con l’intervento di Arnaud Descôtes, direttore dei servizi tecnici del Comité Champagne, diamo un primo sguardo agli scenari futuri in termini di incremento delle temperature. La stima è di un +4 °C distribuiti lungo il secolo corrente. La risposta non può che venire dalla duplice sfida giocata sui fronti dell’adattamento e del contenimento. Analizzando i parametri principali – temperatura, pluviometria annuale, Indice di Huglin, escursione termica notte/dì, indice di siccità – appare evidente una certa diminuzione della resa kg/ha e di un anticipo della data di raccolta di circa 20 giorni negli ultimi 50 anni. Il grado alcolico potenziale ha avuto un incremento dello 0,8% Vol, mentre l’acidità totale ha cominciato la sua contrazione a partire dalla seconda metà degli anni ’80 e segna ora una diminuzione di circa 1,5 g/l espressi in H2SO4 (circa 2,3 g/l in acido tartarico). Sembrano più contenuti i danni e le perdite da grandinate estive ma incrementano le perdite da gelate primaverili. Per comprendere le ripercussioni sulla tipicità dei vini di Champagne, si vanno a considerare le leve viticole disponibili sia sul breve e medio termine, sia i programmi in funzione del medio-lungo periodo. Nel primo caso si tratta di rivedere, tra gli altri, la variabilità intravarietale dei vitigni attualmente in coltivazione, la gestione dei suoli e della vegetazione, le rese per ettaro, le rese in pressa e i dosaggi zuccherini e il ruolo della FML nella gestione dell’acidità. Nel secondo caso, si sta affrontando l’adattamento del sesto d’impianto con l’adozione delle cosiddette vigne semi-larghe (minore sensibilità ai patogeni, maggiore acidità, migliore SFE), valutando nuovi portinnesti, vitigni provenienti dall’estero e creazione di nuove varietà.

Alain Deloire, professore all’Istituto Sup. Vite e Vino di Montpellier, concentra l’intervento sugli aspetti fisiologici dei vitigni e sulla risposta adattativa al cambiamento in atto, da parte di vite e vigneto. Sono perciò valutati i principali fattori abiotici, quali luce, temperatura, acqua, e quanto complessa, se non addirittura complicata, sia la loro correlazione con i profili aromatici dei vini. Il fattore luce coinvolge non solo il rapporto SFE/P, ma anche densità di impianto, gestione del foglaime, stato idrico e minerale, sistema radicale, ed ha un ruolo cruciale sulla composizione del frutto e quindi sul profilo aromatico dei vini. A livello di vigneto, l’acqua è persa per evapotraspirazione (approssimativamente il 70% traspira dalla pianta, il 30% evapora dal suolo), che è funzione della radiazione (energia ricevuta) e del calore (temperatura). La carenza idrica influenza a vario titolo i componenti della resa in vigneto (volume delle bacche, numero bacche/grappolo, numero grappoli/ceppo) ed è correlata all’accumulo zuccherino, quindi all’alcol potenziale e al profilo aromatico del vitigno. Va considerato anche il fatto che la pianta che deve produrre uva per base spumante ha un bisogno costante di idratazione (dal pre-germogliamento al post vendemmia). Infine la temperatura. Se è vero che le basse temperature causano eccessivo rigore invernale e gelate primaverili, e che il freddo primaverile è sfavorevole al germogliamento e alla fioritura-fecondazione, è altrettanto dimostrato che l’eccesso di calore abbia degli effetti ancor più negativi (accelerazione stadi fenologici, aumento dell’alcol per l’alta concentrazione zuccherina e il ridotto volume della bacca, calo delle rese, scottature del grappolo, degradazione dell’acido malico) con la conseguente perdita aromatica dei vini. Per migliorare il funzionamento della pianta, anche in questo caso sono proposti interventi sul corto e medio periodo (gestione della chioma, fertilizzazione fogliare, inerbimento, materia organica), e azioni a lungo termine (nuove varietà, portainnesto, densità di impianto, forme di allevamento più espanse, vita del suolo)

Dal momento che uno degli evidenti effetti negativi del riscaldamento è l’elevato accumulo zuccherino nella bacca, che si traduce, come detto, in un elevato grado alcolico potenziale non auspicabile nelle basi champagne, Hervé Alexandre docente all’Università di Digione propone un lavoro sulla riduzione dell’alcol nei vini per via biologica, attraverso l’impiego di pratiche colturali, microbiologiche (ad es. lieviti non Saccharomyces) ed enologiche in fase pre- e post-fermentativa.

I rapporti tra incremento dell’alcol e riduzione dell’acidità sono stati affrontati da Philippe Cottereau, capo progetto all’Istituto Vite e Vino Occitania, che suggerisce una combinazione di tecnologie a membrana (nano filtrazione, osmosi inversa, membrane a contattore) e tecniche fisiche su mosti e vini, applicate recentemente nella produzione di vini effervescenti di Loira. Dati alla mano, le perdite aromatiche sono in realtà ampiamente compensate dai vantaggi qualitativi ottenuti posticipando le date di raccolta.

Un caso di studio presentato da Daniel Granès, direttore scientifico del gruppo ICV, specializzato in servizi e prodotti per l’elaborazione dei vini, chiude le presentazioni della mattinata. Analizzando il rapporto tra cambiamenti climatici e fermentazione dei vini bianchi è emerso che l’incremento delle temperature e delle frequenze di episodi estremi ha conseguenze non trascurabili, e soprattutto non limitate alla questione dell’aumento dell’alcol potenziale: aumenta infatti il rischio di contaminazioni per effetto del rialzo del pH e conseguente riduzione dell’SO2 attiva, vi è forte variabilità dell’azoto assimilabile, e diminuisce il contenuto di vitamine anche a causa della maggiore pressione fitosanitaria. Si rende perciò necessario considerare interventi a medio e lungo termine, come sistemi e pratiche adattati di irrigazione, oltre al riconoscimento e all’omologazione di nuove varietà di vite. Tra le strategie di cantina, una volta individuati i punti chiave, non resta che l’applicazione di buone pratiche, dal dosaggio sistematico dell’azoto assimilabile, alla possibilità di integrare gli steroli per il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari dei lieviti anche con la reincorporazione nel mosto di piccole percentuali di “fecce bianche”, all’uso controllato di O2 e vitamine, all’igiene di cantina, alle chiarifiche rapide.

La tavola rotonda a conclusione della giornata tecnica ha fornito ulteriori spunti per un confronto tra esperienze champenois (Champagne Jacques Picard) e non. Dario Marengo (presidente Améthiste srl) ha portato un esempio di cantina ecologica (dall’architettura al trattamento dei reflui) italiana, Jaume Gramona presidente e direttore tecnico dell’omonima azienda, storico produttore di cava, affronta il tema della sostenibilità ambientale in cantina a 360°

Vini effervescenti e di qualità e clima caldo sono un connubio possibile? Nicolas Follet, enologo in Oenosense Consultig ritiene lo sia, ma a patto che si individuino con precisione le problematiche e si adottino soluzioni tecnologiche ragionate in concomitanza con soluzioni semplici come il controllo delle temperature fin dalla raccolta delle uve, il rigore nel frazionamento in pressa, evitando protocolli standardizzati, ma studiando strategie di vinificazione, affinamento e invecchiamento, secondo le caratteristiche dell’annata.

Dai lavori della giornata è emersa ancora una volta la disponibilità al confronto e alla ricerca di strategie comuni affinché la qualità dei vini effervescenti, tra i quali senza dubbio lo champagne occupa il posto d’onore, non venga mai meno.

Appuntamento a Epernay per Viteff 2023!

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